«Quello che è accaduto a Michael Jackson è ciò che non deve mai succedere in chirurgia estetica». Parola di Alessandro Gennai, chirurgo plastico di Bologna socio dell’European Academy of Facial Plastic Surgery, da sempre sostenitore degli interventi di chirurgia soft che, all’indomani della scomparsa del Re del pop, prende spunto dal caso limite del divo americano per fare alcune considerazioni più generali.  «Gli eccessi possono diventare pericolosi – afferma Gennai -. Sottoporsi a troppi interventi e trattamenti, fare terapie “mediche” per modificare aspetto del corpo o colore della pelle possono nel tempo determinare gravi squilibri che minano la salute dell’individuo. Michael Jackson è stato e resterà un mito musicale, ma si devono cogliere, dalla sua vita tormentata e difficile, alcuni spunti di riflessione su come gli eccessi nel campo dell’estetica possono trasformare e sfigurare un uomo senza in alcun modo risolvere i profondi problemi psicologici che sono alla base. Non bisogna mai forzare la mano al chirurgo e quest’ultimo non deve sempre assecondare le richieste del paziente».
Ci sono persone che si rivolgono al chirurgo per curare ferite che nessun bisturi può guarire, come è successo a Michael Jackson che, da bambino, veniva schernito da suo padre che lo chiamava “grande naso”. Negli anni proprio il naso è stata la parte del corpo che ha subito più interventi, modificandosi fino a diventare sottilissimo e addirittura a perdere pezzi, come testimoniò una foto del 1997: «Era un caso grave di necrosi della pelle – commenta Gennai -. Il naso era stato attaccato su due fronti: dall’interno, durante le operazioni di riduzione, gli è stata tolta la cartilagine; dall’esterno è stato bombardato da laser e sostanze chimiche, con il risultato che la pelle è “morta”.  È stato necessario un quarto intervento per trapiantargli pelle nuova, prelevata da un’altra parte del corpo». La filosofia giusta nell’approcciarsi alla chirurgia estetica è invece quella di effettuare piccole modifiche, naturali, poco invasive. Come la tecnica endoscopica, che Gennai pratica, primo in Italia, da quasi dieci anni: non si “tira” più il viso, ma si dona plasticità e tridimensionalità lavorando sui muscoli e non più sulla pelle. «Il ritocco, se c’è, non deve vedersi – prosegue il chirurgo bolognese -. Tutto il contrario di quanto successo con Michael Jackson: la chirurgia ne aveva stravolto l’aspetto, rendendolo irriconoscibile rispetto al ragazzino che era in passato.  La mia filosofia, invece, è proprio l’opposto: ai pazienti che vogliono ringiovanire chiedo di portare una fotografia di quando erano più giovani. Il mio obiettivo è portare indietro le lancette dell’orologio, facendolo assomigliare a se stesso venti o trenta anni prima. Con un approccio equilibrato la chirurgia plastica può aiutare a vincere insicurezze migliorando l’aspetto».