La portulaca (Portulaca oleracea) è una succulenta annuale della famiglia delle Portulacaceae detta anche porcellana o porcacchia, ampiamente usata soprattutto in cucina. Presenta un rizoma strisciante, foglie ovali carnose alternate e ha fiori piccoli e gialli con cinque petali a forma di cuore. La pianta, probabilmente, è originaria del Mediterraneo orientale e dell’Asia occidentale, ha una lunga storia di utilizzo come cibo e rimedio dall’Italia alla Cina. Tutte le sue parti aeree sono commestibili e hanno un sapore salato e leggermente acido.

La portulaca è menzionata negli scritti del medico greco Dioscoride e del naturalista romano Plinio il Vecchio. Nel suo trattato De Materia Medica, Dioscoride la descrisse come un astringente indicandola come rimedio per mal di testa, infiammazione, disturbi della vescica, dissenteria ed emorroidi.

Ampiamente coltivata in tutta Europa nel Medioevo anche nei monasteri, in Palestina la portulaca ha una storia di utilizzo tradizionale per l’insufficienza renale, mentre nel continente africano è stata utilizzata in Nigeria a sostegno della fertilità; in Sierra Leone per fermare le emorragie e in Congo come trattamento per la gonorrea.

In diverse modalità della medicina tradizionale indiana, tra cui la medicina Ayurvedica, Unani e Siddha, la portulaca veniva usata per trattare l’indigestione, le ulcere, l’edema, e l’asma bronchiale. Secondo i testi ayurvedici Charaka Samhita e Sushruta Samhita, se cotta contrastava l’eccesso di muco, tosse, diarrea, dissenteria ed emorroidi.

La portulaca è stata usata per millenni anche nella medicina tradizionale cinese (MTC), dove è chiamata la “verdura di lunga vita”. È considerata una pianta di natura fredda utilizzata per raffreddare il sangue, fermare le emorragie, eliminare il calore e neutralizzare le tossine.

Luigi Palma, in Piante medicinali d’Italia, riporta il suo impiego in gastriti, insufficienze biliari, ipogalattia, pirosi e orticaria.

FONTE: L’ERBORISTA