C’è chi riesce a saltare o a ritardare la colazione o il pranzo senza quasi accorgersene e chi, invece, si accorge che è l’ora del pasto perché il suo umore diventa sempre più cattivo. Una condizione abbastanza comune tanto che gli anglosassoni hanno coniato un nuovo termine per descriverla: “hangry”, ossia una fusione tra “hungry”, affamato e “angry”, ovvero arrabbiato. Fino a oggi però nessuno aveva deciso di occuparsene a livello scientifico e per colmare questa lacuna arriva questo un lavoro pubblicato su PLOS ONES che aggiunge un nuovo tassello al complesso rapporto tra alimentazione e il nostro organismo, psiche compresa.

Un’indagine tramite app

Il team di ricercatori provenienti da università britanniche e austriache, hanno reclutato 64 volontari che per 21 giorni hanno registrato i loro livelli di fame e di benessere emotivo. Per cinque volte al giorno, e tramite un’apposita app per smartphone, i partecipanti riferivano le loro condizioni nei loro consueti ambienti come quelli lavorativi o casalinghi.

I risultati hanno mostrato che la fame è risultata associata all’aumento, in particolare, di rabbia e irritabilità, nonché alla riduzione di percepire sensazioni piacevoli. Effetti che sono stati confermati tenendo conto di fattori come età e sesso, peso, comportamento alimentare e tratti della personalità. Ma non solo. Gli studiosi hanno anche rilevato che le emozioni negative, come appunto l’irritabilità, venivano causate sia dalle fluttuazioni quotidiane della voglia di mangiare, sia dai livelli residui di fame.