Banco di prova di quasi tutte le più grandi interpreti del teatro mondiale, Madre Coraggio (al Teatro Quirino dal 26 febbraio al 16 marzo) è uno dei testi più noti, rappresentati e complessi di Bertolt Brecht scritto nel 1939, dopo essersi rifugiato in Danimarca, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Un teatro nato come rottura della tradizione che alla tradizione ritorna, attraverso la figura di una donna, una madre, capace di contenere in sé il passato ed il presente.
Un ruolo difficile, ricco, aspro e straziante, quello della vivandiera Anna Fierling ora affidato ad un’icona del teatro partenopeo: la straordinaria Isa Danieli ritrova nel suo temperamento d’artista una nuova, dolorosissima interpretazione, affrontando per la prima volta il testo del drammaturgo tedesco. Un nuovo ruolo di madre quindi, che tuttavia riprende idealmente alcune tra le sue più celebri interpretazioni, una per tutte la Filumena Marturano di Eduardo De Filippo. Proprio quella messa in scena, insieme ad una serie di felici incontri di scena “al femminile” (da Celestina a Tomba di cani), abbina ancora una volta l’attrice a Cristina Pezzoli: la regista infatti, già alleata in quelle avventure teatrali, è capace ora di affrontare un tema tanto duro come quello antico e sempre attuale della guerra, da raccontare oggi con un linguaggio diverso.  Per questo motivo Antonio Tarantino, pur affidandosi alla traduzione fedele ed espressiva di Roberto Menin, attualizza la terminologia del testo arricchendolo con un misto di dialetti e lingue contemporanee, capaci di raccontare la commistione geografica di quel conflitto. Il vincolo di un testo, di ogni testo – commenta infatti Tarantino – non è la sua assoluta necessità, in ordine alle parole con le quali è stato creato come congegno espressivo, ma è la sua fatalità, ovvero il suo destino, la sua fortuna. Lo stesso autore avrebbe potuto riscrivere “la cosa” in cento modi differenti. E in ciò risiede l’infinitezza di un testo, di tutti i testi.
Sullo sfondo, la Guerra dei Trent’anni: la protagonista Anna è la Madre Coraggio del titolo perché porta scritta addosso la crudeltà del conflitto; ella cerca di arricchirsi nonostante la guerra, ma seguendo l’esercito come vivandiera, durante il viaggio insieme ai soldati, finisce per perdere, uno dopo l’altro i suoi figli in un crescendo tragico di situazioni e personaggi miserabili e crudeli, simbolo evidente di come lo scontro possa trasformare irrimediabilmente l’animo umano. Attraverso la storia di questa commerciante senza scrupoli, Brecht intendeva ammonire i paesi nordici che si preparavano a trarre profitti dalle imprese belliche della Germania nazista: La guerra è solo la continuazione degli affari con altri mezzi – diceva – ma i grandi affari non li fanno la povera gente, e nella guerra le virtù umane diventano mortali.
La scena molto inclinata di Bruno Buonincontri assume tonalità chiare e talvolta luminose, quasi a contrastare il buio della morte, alla ricerca ora dell’abbinamento ora dello scontro con le musiche originali di Paul Dessau e di Pasquale Scialò, cariche di espressività contemporanee e di sonorità partenopee ritmate e coniugate a bizzarri strumenti a percussione. Un’opera di grande respiro dunque per un testo sempre carico di significati simbolici e per questo molto esposto alle diverse interpretazioni. Anche se è proprio la mutazione del personaggio a rimanere la nota più narrativa: l’attrice ed il suo ruolo si fondono completamente a sottolineare la forza di testi capaci di raccontare la realtà talvolta meglio dell’attualità stessa.