Non è Medea l’infanticida. È questo il messaggio che traspare dallo spettacolo teatrale portato in scena al piccolo Teatro Campo d’Arte dal 18 al 20 dicembre. Con “Medea Voci”,  questo il titolo dello spettacolo firmato da Andrea Bellocchio e Viviana di Bert, si rafforza l’idea che una donna appartenente ad una società matriarcale non avrebbe mai soppresso il bene più grande: i suoi figli.  La storia di Medea, interpretata da Viviana di Bert, è stata ripresa dalla scrittrice tedesca Christa Wolf che, nel 1996, ha pubblicato l’omonimo romanzo Medea “Voci”. Un testo complicato quello della Wolf che nelle sue pagine ha modificato radicalmente la versione del mito della tragedia euripidea; un testo che, seppur di difficile interpretazione, è stato portato in scena con eleganza dai due registi.  È la stessa regista ad interpretare Medea; non poteva essere diversamente. Viviana Di Bert, nelle sue note di regia, afferma, infatti, che sin dalle prime pagine è stata scossa da un’emozione che razionalmente non poteva comprendere. “Riconoscevo gli elementi descritti” ha dichiarato “mi erano familiari e depositati nella memoria del mio corpo”. L’attrice- regista, che da anni studia la storia di Medea, è in perfetta empatia con il personaggio interpretato. Il merito della buona riuscita della messa in scena spetta,  inoltre, ad Andrea Bellocchio che, nella suggestiva cornice del Piccolo Teatro di Campo dei Fiori, ha dato vita ad un impianto scenico che ben si incastra con la storia raccontata. Perfette le musiche, curate da Alberto Del Re, che hanno trasportato i tanti spettatori nei sotterranei del palazzo di Creonte.  È qui che i due registi hanno deciso di ambientare la prima parte dello spettacolo. É proprio nei sotterranei del palazzo di Corinto che Medea scopre le ossa infantili di Ifione, uccisa dallo stesso padre Creonte. Medea comprende, quindi, che la città è fondata su di un misfatto e che il potere per divenire tale ha bisogno di capri espiatori. Chi rivela questo segreto, però, è perduto.  Medea  è l’unica a conosce cosa si  nasconde sotto l’apparente benessere e felicità di Corinto. La donna è consapevole della conseguenza delle sue azioni, nel caso in cui avesse rivelato i segreti del Palazzo. Ma non è la vendetta che cerca, non il tradimento, quello che le interessa è la chiarezza, l’onestà nei confronti soprattutto di quei cittadini che vivevano nella falsa certezza che Corinto era un’isola di pace e sicurezza. Medea diventa capro espiatorio, è il punto obbligato dove si vanno a scaricare le colpe appartenute ad una società a lei estranea. Viene accusata di aver portato la peste tra i Corinzi, di aver evirato Turone, di aver ucciso suo fratello. Viene cacciata dalla città. Ma, la sete di vendetta ed odio dei Corinzi non è placata. I figli della donna vengono lapidati dalla folla inferocita.  Medea alla fine dello spettacolo, che lascia il pubblico affascinato dalla verità rivelata,  riflette con incredulo stupore sulla morte dei bambini. Ha saputo che a Corinto circolano voci infamanti che l’accusano di un assurdo infanticidio.“Cosa vanno dicendo? Che io, Medea, avrei ammazzato i miei figli; che io, Medea, mi sarei voluta vendicare dell’infedele Giasone? Chi potrebbe mai crederci?Ad aiutare il pubblico nella comprensione di un testo così complesso sono le voci di Leuco (A. Bellocchio), Acamante (D’Angelo) e Giasone (G. Esposito). Le tre voci della Wolf scelte dai registi raccontano l’immagine  nuova di Medea, che ben si dissocia da quella di Euripide. Sono voci che parlano quella di una donna forte, che vive sentimenti umani e che soprattutto desidera, con tutte le sue forze, e non con superbia, mantenere la propria identità di donna colca, barbara, profuga.