Tengono più alla famiglia e all’amicizia che al successo, più al lavoro che al denaro, più all’intelligenza rispetto alla bellezza. E si interessano alla politica ma ne bocciano sonoramente la classe dirigente così come tutte le altre Istituzioni, tra Parlamento, partiti, Chiesa, forze dell’ordine, Ue e alte cariche dello Stato che registrano una valutazione insufficiente.

La fotografia presentata oggi dall’Università Link Campus con l’indagine ‘Generazione Proteo. Giovani italiani: solisti fuoriclasse’, sfata anche i più consolidati luoghi comuni sulle nuove generazioni, mostrando un’altra faccia dei giovani dai 17 ai 19 anni (ultimi 2 anni delle scuole secondarie di secondo grado), quelli figli della crisi economica, politica e ideologica che ha segnato gli ultimi anni del Paese.

Una generazione responsabile, disincantata e pragmatica, che salva gran poco dei pilastri della nostra società: 7 giovani su 10 si dichiarano insoddisfatti del proprio Paese, tanto che il 56,2% andrebbe a vivere all’estero ‘per fare un’esperienza diversa’ (28,2%) ma soprattutto per ‘trovare lavoro’, perché ‘l’Italia non premia il talento’ e ‘non crede nei giovani’. Tre motivi, questi ultimi, che uniscono circa il 43% del campione, composto da 2500 studenti delle città di Roma, Napoli, Genova, Torino, Catania, Latina e Gela.

Alla criticità nei confronti delle istituzioni e della politica (in una scala da 1 a 10, Parlamento e partiti politici registrano i valori medi peggiori, rispettivamente con 4,18 e 4,24) si contrappone un inaspettato interesse nei confronti della politica stessa, il cui modello partecipativo non è certo su internet (per 2 intervistati su 3 il web da solo non garantisce democrazia e partecipazione) ma si evidenzia con un clamoroso ritorno al voto: quasi 8 ragazzi su 10 dichiarano infatti di voler votare alle prossime elezioni politiche.

Il direttore di Link Lab (il Laboratorio di Ricerca Socio Economica della Link Campus University, che con questa indagine ha aperto un Osservatorio permanente sui giovani), il sociologo Nicola Ferrigni, inquadra i nuovi ragazzi come ‘solisti fuoriclasse’: “Monadi, solisti – ha dichiarato Ferrigni – che faticano a trovare armonia nella propria orchestra, rappresentata dalla propria classe, dal proprio gruppo, dal proprio Paese di cui non ci si sente più orgogliosi, di cui si condanna l’instabilità politica e che si vorrebbe lasciare per un periodo. Accanto a ciò – ha proseguito  Ferrigni – i giovani intervistati individuano nella famiglia il pilastro della società, porto sicuro e principale riferimento, al punto da attribuire ai genitori il fascino del mi

Controverso, ma solo agli occhi delle generazioni più anziane, il rapporto con la Rete. Il 93% dei neo maggiorenni infatti utilizza Facebook, che resta il social più diffuso, mentre il 13,9% sceglie il famigerato Ask.Fm, che, seppur ritenuto ‘pericoloso’ dalla metà degli intervistati, tallona ormai Twitter. In sintesi, un uso consapevole dei social (oltre 3 ragazzi su 4 dichiarano il ‘rischio’ dipendenza), visti più come uno strumento per socializzare, condividere foto, musica e video che per informarsi e stringere vere amicizie. Se da una parte, infatti, la media degli ‘amici’ su internet supera spesso i 500 contatti, nella vita reale gli amici veri si fermano nella maggioranza dei casi a 10. Sul fronte dell’informazione invece prevale nettamente il vecchio telegiornale (43,7%), seguito da Facebook (14,6%), motori di ricerca su internet (12,8%), quotidiani (9,8%) e testate su web (8,7%). E pur essendo alta la percentuale di fruizione delle news sulla rete, rimane consapevolmente critico il giudizio sull’attendibilità dei nuovi media, con il social di Mark Zuckerberg fanalino di coda: 3 giovani su 4 ritengono poco o per nulla credibile l’informazione riportata. Più affidabili – ma non troppo – le notizie sulle testate su web, mentre tg e quotidiani sono apprezzati per attendibilità da 7 intervistati su 10.