Risale a poco meno di un mese fa l’insolita vicenda accaduta in una scuola media di Palermo, dove una professoressa di lettere 56enne aveva costretto uno dei suoi alunni a scrivere per 100 volte su un foglio la frase “sono un deficiente”: in seguito a questo provvedimento, dunque, l’insegnante era stata denunciata dai genitori del ragazzo per abuso di mezzi di correzione, rischiando due mesi di carcere e il pagamento di 25mila euro in qualità di risarcimento danni. Ma perché la zelante educatrice avrebbe inflitto una così singolare pena all’indisciplinato di turno? L’episodio scatenante era avvenuto nei bagni maschili della scuola, dove l’alunno in questione aveva proibito ad un suo coetaneo l’accesso definendolo “gay”: pare che la maestra, dopo essere stata informata del fatto, avesse deciso di punire immediatamente il comportamento scorretto del ragazzo, facendogli scrivere per ben 100 volte le parole “sono un deficiente” sul quaderno. Tuttavia il padre dell’alunno, dopo questo episodio, ha denunciato l’insegnante portando il caso in tribunale, e rendendo così di dominio pubblico l’ennesimo episodio di bullismo avvenuto all’interno delle mura scolastiche. Secondo il genitore, dunque, questo pesante castigo avrebbe causato alcuni danni psichici nel 12enne, umiliato forse in modo eccessivo per il suo atteggiamento da bullo, o forse per una delle sue solite bravate. La maestra si era difesa ritenendo che la parola deficiente fosse intesa nell’accezione di “essere carente di”, quindi nessuna offesa personale nei confronti del suo alunno ma solo la possibilità che il ragazzo prendesse coscienza di essere stato privo di sensibilità nei confronti del suo compagno.  Ora, a distanza di tempo, la sentenza: piena assoluzione per l’insegnante, sostenuta anche da alcuni esponenti dell’associazione “Gay”. Così ora, la giustamente soddisfatta professoressa, si dichiara non pentita di quello che è successo, anche se probabilmente non rifarebbe più ciò che ha causato così tanto clamore nel Paese. Dunque, per il giudice, il suo intento di educatrice ha prevalso sul metodo adottato per ottenere i risultati: e se qualcuno avesse pensato che questo possa essere stato, in fin fine, un esercizio ortografico, si dovrà ricredere. Infatti l’alunno aveva sì scritto per 100 volte sono un deficiente, ma ignorando la “i”. Oltre al danno… arriva la beffa!