Per la prima volta Massimo Castri presta la sua regia per un testo di Strindberg: “Il Padre è una tragedia moderna nella quale ritroviamo tutte le tematiche di fine Ottocento: l’Imperialismo, il Militarismo, il Superuomo…resta un documento importante della nevrosi di fine secolo, anticipa certe tematiche freudiane, ma non è un testo poetico”. La scena, composta da uno stilizzato salotto borghese, oltre a spogliarsi nei passaggi dal primo al terzo atto, ruota di novanta gradi verso destra in ognuno di esso, fino a giungere al culmine totalmente contrapposto permettendo allo spettatore di mutare il suo punto di vista. A dominare questa scena è Umberto Orsini nel ruolo del Capitano. Due gli approcci critici. Protagonista l’incontro-scontro tra uomo e donna, tra il Capitano e sua moglie Laura, interpretata da Manuela Mandracchia. Ed è proprio la moglie che, insinuando il dubbio sulla paternità della figlia, porta il marito ad una regressione infantile. Il secondo approccio vede l’annientamento del Capitano in maniera autolesionista: è la sua mente a portarlo verso il baratro. La sua convinzione di non essere nulla è data dal fatto che la donna è tutto perché fa i figli. L’opera, che alla prima del 14 novembre 1887 fu giudicata come “l’opera di un pazzo”, in realtà è autobiografica, dati i trascorsi e la vita sentimentale dello stesso Strindberg che vede l’universo femminile se pur per certi aspetti simile a quello maschile per altri, completamente in opposizione.