“Assassini”. Questo il termine che adoperò Vittorio Sgarbi per definire i tre magistrati milanesi Pier Camillo Davigo, Francesco Greco e Gherardo Colombo, ex pubblici ministeri di “Mani pulite”. Secondo l’ex parlamentare, critico d’arte ed attuale assessore alla Cultura di Milano, i tre ex Pm avevano indotto al suicidio alcuni indagati o imputati nella storica inchiesta, attraverso un cattivo uso dei poteri di indagine penale e di carcerazione preventiva. L’affermazione venne riportata sui quotidiani L’Avvenire e Il Giornale (nelle date del 15, 16 e 19 luglio 1994) come segue: “Di Pietro, Colombo, Davigo e gli altri sono degli assassini che hanno fatto morire della gente ed è giusto quindi che se ne vadano. Nessuno li rimpiangerà. Vadano anzi in chiesa a pregare per tutta quella gente che hanno fatto morire. Moroni, Gardini, Cicogna: hanno tutte queste croci sulla loro coscienza;…sono degli assassini…vanno processati e arrestati. Sono un’associazione a delinquere con libertà di uccidere.” Colombo, Davigo e Greco avevano avviato la causa davanti al Tribunale Civile di Milano citando in giudizio Sgarbi per le sue gravi dichiarazioni. Dopo 14 anni il giudice Claudio Marangoni ha riconosciuto ai tre ex Pm un risarcimento di 60 mila euro ciascuno. Sgarbi dovrà pagare inoltre anche le spese di giudizio che si aggirano intorno ai 13 mila euro.