Suscita una certa emozione assistere a Sei personaggi in cerca d’autore nello stesso teatro, il Valle, che ne vide il contrastante debutto nel 1921. Messa da parte la nota malinconica, è il forte allestimento scenico di Carlo Cecchi che colpisce lo spettatore completamento immerso nella finzione. Non c’è apertura del sipario e i vari attori si mostrano direttamente al pubblico mentre si preparano per le prove di un fantomatico testo teatrale. Ad interpretare il ruolo del regista è lo stesso Cecchi. All’improvviso in maniera inaspettata, che non voglio qui svelare, irrompono sulla scena sei misteriosi personaggi che chiedono al capocomico e agli attori di rappresentare il loro dramma. Solo l’arte potrà così dare immortalità alla loro tragica esistenza. Pirandello, convito che la verità del teatro fosse l’unica possibile realtà, diede vita ad uno spettacolo innovativo “abbattendo i confini dello spazio teatrale dissacrandolo e mescolandolo con l’urgenza del reale, in una rappresentazione lucida è tragica della perdita d’identità dell’uomo contemporaneo”. Il forte duello tra finzione e realtà è ben reso da questo fortunato allestimento di Carlo Cecchi che ha riscosso grande successo tra il pubblico. Basti pensare ai più di 130.000 spettatori, alle 48 città che lo hanno ospitato per un totale di 179 recite. Merito di tanto successo è dovuto anche all’incisiva rappresentazione di Paolo Graziosi e all’efficacia partenopea di Atonia Truppo, rispettivamente nei ruoli del padre e della figliastra. Da vita al personaggio di Madama Pace Angelica Ippolito. L’attualità di questa grande opera ci aiuta a capire come oggi, a distanza di quasi un secolo, molti personaggi siano ancora in cerca di un autore, basti pensare ai dodici reclusi nella casa del Grande Fratello, ma ancora più sfortunati sono coloro in cerca di un ruolo.