Migliaia e migliaia di adesioni. Le petizioni popolari sul NO all’obbligo di pagamento del canone Rai registrano un numero sempre più alto di firmatari. E poi blog, giornali, fax e lettere recapitate a mano. Persino voci emerse dal buio che sfogano la non condivisione, forse repressa e oggi maturata, rispetto al versamento annuo di una tassa sentita come ingiusta. Politica ancora divisa, la forma di protesta anticanone cresce in un popolo di arrabbiati e tende a ribadire il diritto sacrosanto e inviolabile di scegliere cosa vedere.Così, dall’illustre firmatario Zeffirelli al privato cittadino, si infiammano le polemiche sull’uso incongruo del servizio pubblico televisivo. Ma cos’è l’abbonamento Rai? L’obbligo del versamento risale a un decreto regio del 1938 (ai tempi del Duce, quando la Rai si chiamava Eliar) ed è legato al possesso di una o più tv. In sostanza, una tassa di proprietà. Oggi, col passaggio al digitale, i canali del servizio di Stato si vedranno solo con un decoder, ma anche chi scegliesse di abbonarsi solo a Sky, dovrà pagarlo (107,50 euro, in rate semestrali o trimestrali). A generare perplessità e dissenso, dunque, è proprio la programmazione delle reti pubbliche, che dovrebbe garantire la messa in onda di trasmissioni con valenza sociale e culturale, alla luce di quella condivisione pubblica per cui bisogna pagare. E poi, si impone all’attenzione generale, il capitolo tassa “Annozero”. Immancabile nella polemica, infatti, è il noto programma condotto da Michele Santoro, che non sarebbe garante, secondo i più, dell’esigenza di pluralismo e di servizio a 360 gradi, a sostegno, invece, di un uso strumentale e parziale dell’informazione. Intanto, tra evasori e disdette, c’è chi pensa di agganciare la riscossione del canone alla bolletta elettrica, mentre dall’Azienda di Viale Mazzini ci si aspetta un chiarimento sul senso del prelievo annuale dalle tasche pubbliche.