“Di molti uomini vide le città e conobbe la mente”. Così parlò Omero riferendosi a Ulisse, considerato l’uomo più saggio alla luce dei grandiosi viaggi compiuti. E nonostante il trascorrere di epoche, quella di descrivere il viaggio, vissuto o creato dalla fantasia, resta un’esigenza sempre viva, per questo senza età. Il viaggio significa in primis allontanamento da ciò che è familiare ed esperienza attraverso l’altro da sè, fino all’acquisizione di una nuova consapevolezza. Mentre, ciò che fa la differenza, è l’atteggiamento mentale con cui la strada o il percorso vengono affrontati.Un mattino dell’estate 1935, un ragazzo inglese, dopo la dura esperienza di lavoro come manovale, decide di lasciare la sua campagna per partire alla volta della terra spagnola, di cui conosce due o tre parole della lingua. Vive del suono del suo violino, con pochi spiccioli in tasca e percorre la nuova terra a piedi, da Vigo all’Andalusia, passando negli spazi immobili, assopiti nella povertà e nella fratellanza. Ed è così che comincia ad amare quel popolo e quella liberalità, fino a lasciarsi coinvolgere nella grande guerra civile che vede lo scontro cruento tra Nacionales e Republicanos.Nella poetica economia di parole, Laurie Lee traccia, con Un bel mattino d’estate (edizioni L’Ippocampo) , uno spaccato della sua personale esperienza giovanile, tra la ricerca continua di sè e lo sforzo di ospitare il racconto di quella guerra che è stata un’anteprima scottante della Seconda Guerra Mondiale.