Segue dunque due direzioni, separate ma comunicanti, lo spettacolo UNA STORIA D’AMORE Anton Cechov e Olga Knipper, nel quale Giulio Scarpati si sperimenta di nuovo in palcoscenico, per la prima volta al Teatro Valle, in un nuovo ruolo che mette in evidenza la versatilità di un attore sempre alla ricerca di un “metodo”. Diretto da Nora Venturini, in una corrispondenza di sensi complice a teatro e nella vita, l’interprete di tanti successi anche televisivi, sceglie Lorenza Indovina per ricostruire il percorso di arte e di vita dei due Russi. A partire dal copioso, ironico e poetico epistolario, composto dalle circa 400 lettere che lo scrittore scrisse all’attrice, il testo di F. Nocher, F.Berge, A. Cristophroff ricostruisce una storia intima: il primo incontro, l’amicizia, la relazione clandestina, il matrimonio; fino alla morte di lui, annunciata ma repentina, a soli 44 anni, che avviene nel luglio 1904 durante un viaggio in Germania. Emerge il ritratto di due artisti che raccontano il loro lavoro, ma soprattutto quello di due persone capaci di vivere intensamente la loro relazione, ogni giorno. Fragili e infantili, con le loro angosce, la gelosia, la paura, i due si provocano, si prendono in giro con leggerezza, per poi immergersi in un discorso più profondo, malinconico. La loro è una condizione esistenziale di rimpianto, di tormento e di incessante rincorsa della felicità, che non esiste – dice Cechov – la possiamo solo aspettare, sognare, desiderare… Sullo sfondo ma in realtà co-protagonista, una porzione consistente di storia del teatro, il passaggio di un nuovo secolo, pieno di aspettative e inquietudini: affiora così, la genesi di grandi opere da Zio Vania a Le tre sorelle a Il Giardino dei Ciliegi, Il Gabbiano. Proprio in occasione della messa in scena a Mosca dello spettacolo e del suo trionfo, i due amanti si conobbero e, dopo sei anni di corteggiamento, vicino e lontano, decisero di sposarsi. In queste atmosfere, dolorose o rarefatte, nasce l’idea di una commedia che magari prende ispirazione da fatti concreti, si nutre di frammenti rubati alla realtà, si sviluppa e si interseca alla vita dei due innamorati, fino a diventare creatura compiuta, prima di passare dalle mani di lui a quelle di lei, e continuare a vivere autonomamente sul palcoscenico. Dunque, ai frammenti di vita quotidiana si mischiano gli echi degli spettacoli, i successi, gli insuccessi e si avverte l’eco proprio del grande teatro russo a partire dal lavoro di Stanislavskij. Un discorso amoroso estremamente umano, quotidiano, carnale; mai dimentico dell’ironia; sempre specchio di una condizione esistenziale di nostalgia, di fuga e di rincorsa. Roma, TEATRO VALLE dal 21 febbraio al 5 marzo