Sarà il Maestro Israel Yinon a dirigire il ricco programma che animerà l’Auditorium Conciliazione di Roma domenica 31 ottobre ore 17.30 e lunedì 1 novembre ore 20.30. La prima esecuzione delle Danze tedesche di Beethoven ebbe luogo il 22 novembre 1794. I brani ottennero da subito uno straordinario successo. Nelle danze, Beethoven aderisce ai modelli di Haydn ma allo stesso tempo tende a caricare le tinte ed ad accentuare le linee melodiche. Schumann volle trattare il genere sinfonico secondo le angolazioni più varie: oltre la sinfonia standard in quattro movimenti (come la sua Prima in si bemolle), pensò ad altre soluzioni formali, sinfonia in unico movimento, con presenza del pianoforte o a ranghi ridotti; a Ouverture, Scherzo e Finale op. 52 riservò il carattere di una breve suite di movimenti diversi senza stretto collegamento. Scritto di getto sull’onda del successo della Prima Sinfonia, diretta da Mendelssohn a Lipsia nel marzo 1841, Schumann completa il lavoro fra aprile e maggio, presentandolo il 6 dicembre dello stesso anno. A partire dal poeticissimo esordio dell’Ouverture con il suo tema tutto curve affettuose e tenera esitazione; l’Allegro in cui sfocia ci porta via come una corsa su piedi leggeri che si anima quanto più si avvicina alla fine; ogni tanto sboccia una melodia cantabile tenuta dai fiati, mentre gli archi continuano la corsa cadenzata, poi s’intromette un motivo più amabile, poi riappare il tema lirico dell’introduzione. Lo Scherzo prosegue questo dinamismo sussurrato, ma calato nel ritmo balzante del primo movimento della Settima Sinfonia di Beethoven: da Schumann tradotto in carattere “fantastico”, come già aveva fatto nel finale della sua Kreisleriana per pianoforte; il breve intermezzo in maggiore è impostato come un dialogo fra legni e archi, sfruttato alla fine per una magica dissolvenza. Il Finale parte con l’impeto di una marcia, con assertive proposte fugate interrotte da qualche abbandono melodico; ad alzare il tono festoso a un piano di solennità storica, come in una cerimonia, vale il maestoso intervento dei tromboni, accolti per la prima volta in partitura, e l’eloquente perorazione finale con il tema fraseggiato a valori più lenti. La Sinfonia n. 7 in Re minore, Op. 70, B. 141 di Antonín Dvořák fu eseguita a Londra il 22 aprile del 1885, subito dopo che il compositore ne ultimò la composizione il 17 marzo dello stesso anno. Il lavoro nacque su richiesta della Società Filarmonica di Londra, che glielo commissionò sull’onda degli strepitosi successi da lui ottenuti durante la sua prima visita a Londra del marzo 1884, quando furono eseguite con successo parecchie composizioni, tra cui la Sinfonia in re maggiore (l’unica fino ad allora pubblicata) e lo Stabat Mater. Non bisogna dimenticare che fino a quel momento la notorietà internazionale di Dvořàk era legata soprattutto alla caratterizzazione esplicitamente folklorica delle Danze slave, la cui prima serie, subito trascritta per orchestra dall’originale per pianoforte a quattro mani, proprio Simrock aveva caldeggiato e pubblicato nel 1878. II successo colto a Londra aveva convinto Dvořàk, allora impegnato a coltivare soprattutto il sogno del teatro, a riprendere in mano il discorso della Sinfonia: decisione che, almeno a giudicare dagli abbozzi e dalle lettere ad amici ed editore, gli costò una fatica più grande e una meditazione più profonda di quanto fosse stato richiesto prima da qualunque altro suo lavoro.