In programma l’Ouverture di Guglielmo Tell di Rossini, il Triplo concerto di Casella e la Sinfonia in Do di Stravinskij.
Guglielmo Tell, Guillaume Tell nella versione originale francese, è l’ultima opera composta da Gioachino Rossini che, in seguito, si dedicherà alla scrittura di musica da camera, musica sacra e comunque solo a composizioni musicali non destinate al teatro. Il libretto fu tratto dal dramma omonimo (Wilhelm Tell) di Friedrich Schiller e dal racconto La Suisse libre di Jean-Pierre Claris de Florian ed elaborato inizialmente da Étienne de Jouy, in seguito da Hippolyte-Louis-Florent Bis. La prima rappresentazione ebbe luogo al teatro dell’Opéra di Parigi il 3 agosto 1829, mentre la prima italiana avvenne a Lucca il 17 settembre 1831, nella traduzione italiana di Calisto Bassi. Il Guglielmo Tell è un lavoro di proporzioni imponenti. Nell’edizione filologica, senza tagli, eseguita in occasione del Rossini Opera Festival del 1995 la sua durata si estendeva a circa cinque ore e mezza. In quattro atti, con azioni coreografiche, momenti di danza e scene spettacolari, rappresenta di fatto l’atto di nascita di quello che verrà definito il genere francese del Grand Opéra. L’opera è famosa anche per l’ouverture che sintetizza tutta la vicenda, articolata in quattro movimenti: il dialogo cameristico tra violoncelli solisti; lo scatenarsi della tempesta; l'”andante pastorale” con la melodia del corno inglese contrappuntata dal flauto; la fanfara aperta dalle trombe e sviluppata da tutta l’orchestra in un finale trascinante.Negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, Igor Stravinskij divenne l’alfiere principale di un movimento musicale di natura, secondo alcuni, conservativa e restaurativa, che non si limitava a contestare i capisaldi del Romanticismo ottocentesco ma anche le contemporanee tendenze avanguardiste di origine viennese, quali l’atonalismo e la dodecafonia di Arnold Schönberg e dei suoi allievi Berg e Webern. Il “neoclassicismo” del compositore russo, ormai definitivamente occidentalizzato, prese rapidamente piede in Europa suscitando consensi e imitazioni soprattutto in area francese ma finendo per influenzare compositori dalle tendenze più disparate (Hindemith e Bartók, Britten e Ravel), tutti – più o meno – sensibili a un qualche aspetto della nuova estetica stravinskiana. La Sinfonia in do, scritta fra l’Europa e gli Stati Uniti, nuova patria del compositore, a ridosso della Seconda Guerra Mondiale (1938-40) appare a prima vista una struttura tradizionalissima in quattro movimenti, con la durata e l’organico (tuba a parte) di un’analoga pagina del primo Ottocento. Eppure, l’anima stravinskiana si infiltra di continuo fra gli stilemi à la Haydne à la Beethoven di cui la pagina è totalmente pervasa, sotto forma per esempio di un fraseggio irregolare, caratteristico dei movimenti estremi in forma sonata (Moderato alla breve/Ie Largo-Tempo giusto, alla breve/IV) ma, soprattutto, dello Scherzo (Allegretto/III) che, secondo l’autore, conteneva alcune complessità di ordine metrico fra le più estreme di tutte la sua carriera compositiva.
Nel presentare il proprio Triplo concerto Op.56, Alfredo Casella non poté evitare di marcare le differenze con l’analogo concerto beethoveniano, al quale per la verità il richiamo è inevitabile. Le parole del compositore sono peraltro chiare: “Mentre Beethoven ha volutamente dato a ciascuno dei tre strumenti una funzione solista e virtuosa, nel mio Concerto i solisti formano un piccolo blocco di suono, che è in contrasto con la massa orchestrale esattamente come il concertino è in contrasto con il tutti nel concerto grosso. La forma del primo movimento ricorda la struttura tematica bipartita di Beethoven, ma è completamente alterata da un terzo tema che appare all’inizio dell’introduzione e che si combina con gli altri nello sviluppo”. Le spesso dure dissonanze del concerto indicano una vocazione alla truculenza, un calcolato incedere ad un impulso propulsore nella già robusta andatura del lavoro, che peraltro non ha alcun significato funzionale o formale ma rimane cristallizzato sul piano armonico. Nel Largo si osserva non senza stupore una relativa serenità e una luminosa morbida trasparenza che è probabilmente dovuta, come l’autore stesso ricorda, all’influsso benefico del paesaggio senese in cui è stato scritto. Il Rondò conclusivo è un giga, o meglio una tarantella, in puro stile folklorico, anche se derivata da materiale tematico originale. Il concerto è stato eseguito per la prima volta il 17 novembre 1933, presso la Staatso per di Berlino, sotto la direzione di Erich Kleiber.
Auditorium Conciliazione |Orario botteghino: Dal Martedì al Venerdì: Ore 12.00 – 18.00 | Lunedì: Ore 12.00 – 19.30 | Domenica: Ore 15.30 – 16.30La Domenica e il Lunedì è possibile acquistare gli abbonamenti fino ad un ora prima del concerto.Via della Conciliazione, 4 – 00193 RomaPer Informazioni: Fondazione Arts Academy 06 44252303 | Ticket One 892101ACQUISTO ON-LINE – www.ticketone.it
domenica 2 marzo alle ore 17:30 e lunedì 3 alle ore 20:30