I fanatici del bio si rassegnino: la massa dei consumatori tradizionali (quelli che al supermercato snobbano il reparto primizie e si affollano attorno agli scomparti delle offerte) ha le loro stesse prospettive di salute e di vita. Biologico, infatti, non è sinonimo di maggiore salubrità: questo il responso di una recente revisione commissionata dalla Food Standards Agency FSA alla London School of Tropical Medicine and Hygiene e commentata sulla rivista Lancet. Secondo gli autori dello studio, tra cibi organici (o biologici) e cibi convenzionali non c’è il gap nutrizionale che molti immaginano: una mela “scelta” e una ordinaria hanno le stesse percentuali di vitamine, zuccheri e sali minerali. Nessuna eccellenza per il bio, dunque, ma solo il privilegio di una pubblicità battente. La ricerca, va detto, non prende in esame l’azione sul cibo di eventuali agenti contaminanti come i pesticidi, ma avanza comunque dei dubbi sulla convenienza del biologico in termini di apporto nutritivo. Ammesso ciò, resta il fatto che gli esperti concordano unanimemente sulla necessità di un’alimentazione sana ed equilibrata. L’eccesso di cibo (specie se di cattiva qualità) conduce, attraverso l’aumento di peso, all’incremento del rischio di infiammazione organica, con la conseguente predisposizione a malattie come il diabete adulto, le anomalie cardiovascolari e il cancro. Disciplinarsi a tavola, dunque, è vitale.