Balbuzie, sigmatismo, difficoltà di articolazione linguistica e ritardo nell’uso della parola sono i disturbi in agguato per i piccoli che, dopo i tre anni, non accennano a separarsi dall’amato ciuccio. Lo rivela uno studio dell’università di Washington, pubblicato sulla rivista BMC Pediatrics e condotto su 128 bambini di età compresa tra uno e cinque anni. Sotto accusa, oltre al ciuccio, il suo più comune surrogato: il pollice. I bimbi che faticano a sganciarsi da questi retaggi dell’allattamento avranno probabilmente più difficoltà nel parlare dei coetanei che sono riusciti ad “emanciparsi”. Esentato da responsabilità, invece, l’allattamento naturale: il seno della madre non danneggia le facoltà linguistiche del piccolo. “Abbiamo monitorato il campione misurando l’uso del ciuccio, l’abitudine a succhiare il pollice e l’allattamento al seno – spiega Clarita Barbosa, ricercatrice a capo dello studio americano – per valutare successivamente le abilità linguistiche dei bambini con dei test ad hoc. Così abbiamo scoperto che l’uso costante e protratto nel tempo del «ciuccetto» rallenta lo sviluppo delle capacità verbali”. “I bambini che lo avevano usato a lungo avevano più difficoltà nel parlare – prosegue la studiosa, precisando che si tratta di risultati preliminari – rispetto ai loro coetanei che non avevano l’abitudine di succhiarsi il pollice o usare il ciuccio. I bimbi che erano stati nutriti al seno, invece, avevano meno probabilità di incorrere in problemi di comunicazione”.