Lunedì 1° luglio il FlaianoFilm Festival propone al Multiplex Arca la seguente programmazione:in Sala 5 alle ore 20,30 sarà presentato il film di Francois Ozon”Nella casa”: i cinquantenne Germain (Fabrice Luchini) èprofessore di letteratura presso il Liceo Flaubert in una cittadina francese. Èun docente competente, ma è anche uno scrittore mancato perché carente ditalento. Jeanne (Kristin Scott Thomas), sua moglie, gestisce una galleria diarte moderna. All’inizio dell’anno scolastico Germain viene favorevolmenteimpressionato dalla qualità dell’elaborato del sedicenne Claude (ErnstUmhauer), un bel ragazzo di umili origini, che sembra timido. Il testo, fluidoe sottilmente sarcastico, racconta l’amicizia con Rapha (Bastien Ughetto), uncompagno di classe che ha suscitato il suo interesse perché appartiene a unafamiglia piccolo borghese, apparentemente “perfetta”. Ciò che intrigaGermain e Jeanne (coinvolta dal marito) è la chiosa finale del tema:’continua’. Affascinato dallo spirito di osservazione dello studente, Germainlo stimola a continuare a scrivere. Claude si insinua abilmente in seno allafamiglia del compagno, e diventa un habitué nella bella villetta. Cmmediadrammatica, spiritosa e intelligente, che si sviluppa come un thriller conrisvolti dark più che inquietanti. Scritta dallo stesso regista con uno stileincisivo e con dialoghi taglienti, adatta brillantemente “El chico de laúltima fila”, una pièce teatrale del drammaturgo spagnolo Juan Mayorga.Ozon ripropone la sua abilità nel far emergere aspetti infausti da situazioniapparentemente ordinarie.Alle ore 18,30 per ilconcorso italiano “Itaker” di Toni Trupia (Ingresso libero)con Francesco Scianna e Michele Placido: il film ci riporta nellaGermania industriale degli anni ’60, e ai suoi lavoratori multietnici: italianisoprattutto, “Itaker” in tono dispregiativo, turchi e altridisperati. La fotografia dai toni decolorati tinge l’ambiente dell’immigrazionedi quei tempi, non molto distante da quella di oggi. Protagonista Pietro, unbambino rimasto orfano a seguito della morte improvvisa della madre, che siritrova in viaggio con uno sconosciuto di nome Benito. L’uomo ha promesso diriportarlo dal padre, mai visto prima, emigrato da anni in Germania. Scopriràdopo poco che quella dell’uomo era solo una scusa per ottenere per sé unpassaporto altrimenti impossibile da avere. L’uomo cercherà infatti disbarazzarsi presto del fardello. Il bambino inizia a vivere nelle casupole dilegno approntate per gli operai di fianco alla fabbrica vivendo assieme a loroemozioni, delusioni, lontananza dalla famiglia, disperazione, sfruttamento. Asfruttare la situazione di subordinati senza possibilità di fuga: un gruppo diparassiti guidati dal boss locale Pantanò, rigorosamente “itaker”anche lui, venditore di stoffe e di truffe. La figura materna di una donna,Doina, una rumena anche lei sfruttata dai malavitosi e costretta ad esserel’entreneuse di Pantanò, porta a Pietro qualche sorriso e il calore e laparvenza di una famiglia condividendo con lui e con Benito scene da famiglianormale. Alle ore 22,45 l’ultimofilm di Sergio Rubini “Mi rifaccio vivo”: Biagio Bianchetti èun imprenditore con una moglie, un cane e un complesso di inferiorità. Aprovocarlo è Ottone Di Valerio, ex compagno di scuola e sempre un passo davantia lui. Dall’infanzia all’età adulta, Ottone ha accompagnato la vita di Biagiosuperandolo in qualsiasi prova e guadagnandosi il favore degli astanti.Competitivo fino al midollo ha deciso di giocare un brutto scherzo al rivale,proponendogli un affare destinato a naufragare come la sua esistenza, a cuiBiagio decide di mettere fine affogandosi nel lago. Ma diversamente dallaterra, lassù qualcuno lo ama e decide di concedergli una seconda possibilità.Reincarnato nei panni di Dennis Rufino, un brillante manager a cui Ottone haaffidato le sorti della sua azienda, Biagio infila la via della vendetta.Quell’inedito punto di vista sposta la sua prospettiva, rivelandogli il mondo ele persone, quelle amate e quelle odiate, dietro la maschera. Turbato da quellarivelazione, deciderà di essere migliore migliorando chi diceva di odiare.Lontano dalla sua terra e dalle sue radici mediterranee, Sergio Rubiniscambia i corpi dei suoi protagonisti, giocando sul confine sogno-realtà,vero-falso.In Sala 4 alle ore 17.30retrospettiva Tornatore con “La leggenda del pianistasull’oceano”: trovato in fasce il 1° gennaio 1900 a bordo deltransatlantico Virginian, T.D. Lemmons detto Novecento (Tim Roth) cresce sullanave, impara a suonare il piano, diventa l’attrazione dell’orchestra di bordo enon ne scende mai. Quando la nave in disuso sta per essere demolita con ladinamite il suo amico Max è convinto che sia ancora a bordo. Raro esempio dicolosso intimista, basato sul monologo teatrale Novecento di AlessandroBaricco.Alle ore 20,30 replica di”The Lithium Conspiracy” di Davide Manuli (Ingresso libero).Alle ore 22,45 sarà presentato”To Be or not To Be” di Ernest Lubitsch: Joseph Tura e sua moglieMaria sono gli attori di punta di una compagnia teatrale polacca che vorrebbeallestire una satira antinazista ma viene bloccata prima dalla censura e poidall’invasione e dall’occupazione della Polonia da parte di Hitler stesso. Iltenente Sobinski, spasimante di Maria, parte per arruolarsi nella resistenza matorna rocambolescamente a Varsavia con la notizia che una pericolosa spia, dinome Siletsky, va fermata prima che sia troppo tardi. Saranno le doti attorialidi Maria e di Joseph a compiere l’impresa, in un trionfo di travestimenti escambi di persona. Il capolavoro di Ernst Lubitsch torna in sala, in edizionerestaurata e rimasterizzata, a ricordarci cos’è un film perfetto, perché nonc’è altra descrizione possibile. Girato tra il 6 novembre e il 23 dicembre del1941, in piena tragedia nazista, come il contemporaneo “Il Grande Dittatore”di Chaplin, il film -accusato erroneamente di leggerezza- combatte la suaguerra con le armi della finzione e della comicità ma anche della più grandepoesia tragica (il monologo di Shylok), rivelandosi, specie a posteriori, diuna complessità sofisticata e sorprendente, che non va mai a discapito dellasuspence o della risata incontenibile. Quella di Lubitsch è unarappresentazione (cinematografica) della rappresentazione (l’apparato nazista)che in ultimo sogna il trionfo della grande illusione nella guerra contro laterribile realtà.In Sala 3 alle ore 17,30cinema egiziano con “Sheherazad telle me a story” di YousryNasrallah: Il Cairo, oggi. Hebba è la bella e spigliata conduttrice di untalk show di successo e la moglie di Karin, vicedirettore di un quotidianostatale, in lizza per la promozione alla massima carica. Alcuni alti esponentidel partito persuadono Karim a convincere la moglie ad abbandonare le istanzepolitiche e a limitarsi ad occuparsi di costume e società, pena la nominastessa. Per tutta risposta, Hebba inaugura una serie di puntate sulle donnevittime di soprusi famigliari, religiosi e politici, cercandole per la strada einvitandole a fare come Sheherazad e a raccontare le loro storie per nonmorire. Il film è un prodotto dallo stile curioso, dal contenuto importante edalla fortuna già comprovata, al botteghino dei paesi arabi. Meccanico, procedeincastonando i racconti dei personaggi all’interno della cornice gestita dallaprotagonista, in una mise-en-abîme che silenziosamente conferma l’esistenza diuna voragine, un abisso di storie analoghe possibili.Alle ore 20,30 infine unodei capolavori di Francis Ford Coppola “Il padrino”: quandonel 1945, dopo aver dominato per due generazioni un clan di mafiaitaloamericana, Don Vito Corleone muore, suo figlio Michael accetta conriluttanza di occuparsi degli affari di famiglia. Imparerà presto. Da unromanzo (1969) di Mario Puzo che l’ha sceneggiato con il regista, è la storiadi un sistema familiare e di clan con sottofondo nostalgico per la forza diquei legami che nell’America di oggi sembrano svalutati (come fu letto dallamaggioranza del pubblico), ma possiede anche una profonda e fertile ambiguità.C’è il parallelismo mafia-politica che diventa equivalenza nel Padrino-ParteII; c’è la magistrale ricostruzione di un’epoca e di una morale del crimine, diuna struttura patriarcale più italiana che americana. Coppola sa di cosa parlae ne sa le ragioni anche se non le condivide: il suo sguardo è più distaccatoche affascinato. Spaccò la critica in due ed ebbe ovunque un grande successo. 7nomine e 3 Oscar: film, sceneggiatura e Marlon Brando.