La lotta all’Alzheimer si arricchisce di una nuova conquista, resa nota dalla rivista Nature Genetics: la conoscenza di tre mutazioni genetiche che concorrono all’insorgere del male. La ricerca sui tre geni è stata condotta parallelamente da due gruppi di scienziati: la squadra diretta dalla dottoressa Julie Williams dell’Università gallese di Cardiff e il team di Philippe Amouyel dell’Università di Lille, in Francia.  I risultati delle due analisi concordano su almeno una delle varianti prese in esame. Secondo il New York Times, il fatto che due studi analoghi approdino ad una soluzione comune su un terreno irto come quello dell’Alzheimer è un segnale incoraggiante e la prova che sconfiggere la malattia è possibile.
Gli studiosi gallesi hanno realizzato la mappatura genetica completa di 16000 volontari in otto paesi europei; l’equipe francese ha monitorato oltre 6000 persone affette da Alzheimer e circa 9000 soggetti sani in Francia, Belgio, Finlandia, Spagna e Italia. Su tre varianti genetiche individuate nell’ambito dei due studi, ribattezzate “Clu”, “Picalm” e “Cr1”, i ricercatori concordano sulla prima. Il malfunzionamento del gene “Clu”, che produce la clusterina responsabile della protezione cerebrale, spiega il 10% dei casi di Alzheimer.   Il “Picalm” agisce invece nelle sinapsi e regola il trasporto di molecole alle cellule nervose ed è responsabile del 9% dei casi. Il “Cr1” è coinvolto solo marginalmente (4%), mentre il 20-20% delle patologie legate al morbo è riconducibile al già noto APOE4, l’unico traguardo finora tracciato nella guerra al male.
I malati di Alzheimer sono ad oggi circa 26 milioni in tutto il mondo, ma le previsioni mediche hanno già fissato un tetto di 100 milioni per il 2050. Un male in ascesa, purtroppo, che proprio la neurogenetica può aiutare a ridurre: da precedenti studi, infatti, è risultato che l’80% delle cause che inducono al male è nascosto nei geni; soltanto il 20% dipende dallo stile di vita e da fattori ambientali. La scoperta franco-britannica mira, per il futuro, a debellare circa il 20% dei casi, neutralizzando gli effetti dei geni coinvolti nella degenerazione delle cellule cerebrali.