Ad annunciare la ricerca, unica in Europa, sono Antonio Bartorelli, Responsabile dell’Unità Operativa di Cardiologia Invasiva, e Giancarlo Marenzi, Direttore dell’Unità Operativa di Cure Intensive Cardiologiche. La ragione dell’innovazione clinica è il rischio di nefropatia indotta dal mezzo di contrasto, che è la terza causa più comune di insufficienza renale acuta durante i ricoveri, con tassi di mortalità significativi (fino al 35 per cento), ma anche di attacchi cardiaci durante il ricovero e di rischio dialisi. I numeri motivano ancor di più la ricerca: sono circa 7 milioni, infatti, i pazienti che in tutto il mondo si sottopongono, ogni anno, a procedure di questo tipo a fini diagnostici o nel corso di interventi all’apparato cardiovascolare.Monzino ha allora pensato alla “flebo intelligente”, una pompa di infusione endovenosa abbinata a un sistema di raccolta delle urine del paziente che, attraverso la somministrazione di un diuretico, permette la produzione di un’elevata quantità delle stesse. Si tratta di un sistema che regola elettronicamente la quantità di soluzione fisiologica somministrata, sulla base di quella eliminata con le urine, mantenendo così l’equilibrio tra i liquidi intravascolari. Inoltre, rispetto ai trattamenti standard, quello della “flebo intelligente” è molto più semplice: si effettua un’ora e mezza prima dell’intervento e prosegue durante la procedura angiografica o di angioplastica e nelle quattro ore successive.”Questo nuovo studio mette il Centro Cardiologico Monzino al centro dell’attenzione mondiale nella prevenzione della disfunzione renale nel paziente cardiopatico”, dice Bartorelli. “Rappresenta infatti l’ultimo sviluppo di una ricerca che conduciamo da anni per ridurre il rischio di danno renale in quei pazienti, sempre più numerosi, che presentano insufficienza renale cronica e necessitano di procedure, come la coronarografia e l’angioplastica coronarica, che richiedono la somministrazione di mezzo di contrasto”.