In una Italia dove il numero di interventi di chirurgia plastica continua a crescere -in cinque anni i trattamenti sono cresciuti del 65%, passando da 180mila nel 2003 a 297mila nel 2008 (dati Censis/Sicpre)-, ci sono anche casi in cui il chirurgo rifiuta di operare. «C’è chi vede imperfezioni dove non ce sono, chi ha aspettative irrealistiche o chi vuole fare un intervento non per se stesso, ma per compiacere qualcun altro», afferma Alessandro Gennai, chirurgo plastico di Bologna socio dell’Eafps (European academy of facial and plastic surgery). Il problema è che «alcune volte ci si avvicina alla chirurgia plastica con le motivazioni sbagliate. Chi crede che un intervento sia sufficiente per migliorare la propria vita o per risolvere magicamente tutti i problemi, non ha un approccio equilibrato».
 Nelle persone che hanno già un buon equilibrio, la chirurgia plastica può migliorare non solo l’aspetto, ma può aumentare l’autostima e migliorare i rapporti sociali. Di certo da sola non basta: un “no”, in alcuni casi, può servire. «Ci sono persone che non hanno un senso reale della propria immagine, si credono o troppo belli o troppo brutti – spiega Gennai -. Vedono difetti enormi dove in realtà non ce ne sono, oppure portano la foto dell’attrice famosa credendo che basti modificare un particolare per completare la somiglianza.  Sono casi che devono allertare il chirurgo perché di solito questi pazienti non si dimostreranno equilibrati in seguito nel valutare i risultati dell’intervento». Non solo. Prosegue il chirurgo plastico: «Altri hanno aspettative irrealistiche, come la donna obesa che vuole diventare una taglia 40 con la liposuzione. In questo caso l’operazione, per quanto ben riuscita, porterebbe frustrazione nella paziente che si aspettava ben altro risultato». Ci sono poi i pazienti cosiddetti dismorfofobici. «Sono persone che dedicano un’attenzione patologica al proprio aspetto fisico. Per ogni difetto che risolvono, ne individuano altri dieci. Queste persone non saranno mai soddisfatte di se stesse e usano la chirurgia plastica per nascondere disagi ben più profondi, di natura psicologica» aggiunge Gennai.
 Davanti a richieste eccessive o condizionate dalla moda del momento, Gennai ricorda la regola principale: «Rispettare l’armonia del proprio. Un’ottava di reggiseno è un’esagerazione, così come lo sono le richieste di chi vuole alterare il proprio corpo: una volta un fan di Star Treck mi chiese di modellargli le orecchie come quelle di Spock. Ma questi sono casi limite, isolati e sempre meno frequenti. Infatti, di concerto con la diffusione della chirurgia plastica, le persone tendono a informarsi di più e a orientarsi su richieste più ragionevoli, che portano a risultati più naturali: non vogliono più stravolgere il proprio aspetto, ma ringiovanire o migliorare qualche parte di sé con cui non si convive bene».  In questa direzione, Gennai “boccia” anche le richieste che gli arrivano da persone spinte da qualcun altro: «Il caso più frequente è quello delle donne che vogliono fare un lifting o rifarsi il seno per salvare un matrimonio traballante -prosegue-. Determinante è il colloquio preliminare: al chirurgo serve per capire quali sono i veri obiettivi che l’aspirante paziente si pone con l’intervento. Esperienza, buon senso e rispetto della persona sono fondamentali per aiutare un dottore a individuare questi casi».
 I minorenni sono un capitolo a parte. «Si opera solo in poche situazioni, ovviamente sempre con il consenso dei genitori. Di solito si tratta di orecchie a sventola per i ragazzi o di gigantomastie patologiche per le ragazze che, a causa di uno sviluppo eccessivo del seno, non riescono a svolgere le normali attività sportive e soffrono di mal di schiena. Richieste di interventi di tipo esclusivamente estetico da parte di minorenni non ne ho mai ricevute» conclude Gennai.