E’ lì. Occupa un posto d’onore sulla scrivania. In redazione. E’ arrivato in un giorno d’inizio primavera e ha conquistato tutti. E’ un rigoglioso bonsai. Coltivarlo, un’arte. Contemplarlo, una filosofia. Da qualche giorno sempre sulla scrivania un prezioso libro fotografico celebra con straordinarie fotografie e utili testi questo microcosmo dal fascino zen. Semplicemente Bonsai (L’Ippocampo), il titolo (scritto anche in lingua giapponese). Sfogliarlo un piacere. E’ come entrare in un mondo connesso con i gusti dei letterati. Infatti pare che il termine bonsai, vassoio o contenitore (bon), educare (sai), sia attribuito allo scrittore Murase Shuho oltre che al principe Saionji Kinmochi. Questa pratica, popolare sin dal periodo Edo, incarna perfettamente l’estetica giapponese, rivolta al dettaglio e al rispetto per la natura. Per questo nulla viene lasciato al caso, e ogni cosa trova una denominazione, dalle diverse parti del tronco (quella viva, il mizusui, o quella secca, lo shari), al modo in cui i rami si distanziano l’uno dall’altro (edauchi), allo stile assunto dall’albero (a cascata, spazzato dal vento, in stile “letterati”), all’arte di scegliere il vaso (hachiawase).Dal pino nero, molto diffuso in Giappone per le celebrazioni di Capodanno alla camelia, necessaria nel giardini per la sinfonia di primavera, passando per il biancospino, il rododentro, il faggio e altre specie, le immagini a corredo di semplici testi esplicativi, campeggiano a tutta pagina e scorrono verso le ultime pagine dove troviamo un utilissimo glossario bonsai. Adesso guardiamo con nuovi occhi il nostro bonsai. Consapevoli che sotto i nostri occhi la natura si fonde con l’arte. Bonsai
Kunio Kobayashi & Kazuhiko Tajima L’Ippocampo