Accanto a Francesco La Vecchia, che ha diretto la Sinfonica di Roma, il grande violinista ucraino Vadim Brodski ha deliziato il folto pubblico dell’Auditorium con una delle pagine più struggenti di Cajkovskij, il Concerto in re maggiore per violino e orchestra.  Grazie al talentuoso musicista, discendente del famoso Adolph  Brodski (primo esecutore del Concero), è emersa dalla composizione tutto l’amore per la tradizione russa che il compositore russo riuscì ad infondere nella sua produzione musicale. Completato agli inizi del 1878 a Clarens, presso Ginevra, la prima esecuzione avvenne a distanza di tre anni, il 4 dicembre 1881 a Vienna, quando dopo essere stato rifiutato per le insormontabili difficoltà tecniche, prima da Joseph Kotek e poi da Leopold Auer, il violinista Adolf Brodsky accettò di eseguire il Concerto che fu stroncato sul “Neue Freie Presse” dal critico tedesco Eduard Hanslick. Ma nel 1893, anno della morte del compositore, confessò di aver giudicato male l’opera.Nello stesso anno fu composta al Sesta Sinfonia, detta Patetica: «Credo che mi sarà dato di scrivere una sinfonia esemplare: così probabilmente lotterò fino all’ultimo respiro per raggiungere la perfezione senza mai riuscirvi.» Così scriveva nel 1891 Čajkovskij nel voler cercare a tutti i costi di concretizzare questa sua idea fissa che in seguito si esprimerà in una successiva lettera. «Mi è venuta l’idea per una nuova Sinfonia, questa volta con un programma che resti enigmatico per chiunque.” Enigmatica fu anche la sua morte, avvenuta pochi giorni dopo la prima esecuzione, che fa della Sesta Sinfonia un testamento artistico intriso di emotività e pathos.