Sono le note della Kammersymphonie op. 110/a di Shostakovich, il grande compositore russo che dovette fare i conti con la dittatura staliniana, senza per questo perdere atteggiamenti provocatori e d’avanguardia, che aprono il concerto eseguito per il pubblico dell’Auditorium dalla Sinfonica di Roma. Il lavoro altro non è che la trasposizione per orchestra d’archi del Quartetto per Archi n. 8 op. 110 composto da Shostakovich quando si recò nella Germania dell’Est al seguito di un gruppp di cineasti. Fu tale il turbamento causato da quell’esperienza che il compositore russo decise di esprimere il suo stato d’animo con la composizione del Quartetto. I cinque movimenti sono legati come tasselli: esprimono sconsolate meditazioni che esplodono un’ intensa sofferenza  collettiva.  Nasce anche da un viaggio, in Scozia questa volta, la Sinfonia n. 3 op. 56 di Mendelssohn che ci delizia nella seconda parte del concerto. Detta “Scozzese” non per volontà dell’Autore, ma per le circostanze in cui nacque la prima idea ( durante il viaggio Mendelssohn visitò il castello di Holyrood dove visse la regina Maria Stuarda e dove il suo segretario, Davide Rizzio, fu barbaramente assassinato), evoca fin dalle prime note paesaggi nebbiosi e castelli. Ma il tema malinconico gradualmente raggiunge quella “grandiosità” che nel secondo movimento, si traduce una carica di vitalità espressa con una vera danza scozzese. Dopo, la musica sembra spegnersi per ritrovare nel finale  un carattere straordinariamente maestoso.