Anche quest’anno il tema scelto dalla World Stroke Organization (Organizzazione Mondiale dell’Ictus Cerebrale) e fatto proprio dall’Associazione A.L.I.Ce. Italia Onlus per celebrare la Giornata mondiale contro l’ictus cerebrale, che, come ogni anno, sarà il prossimo 29 ottobre è “Up Again After Stroke” (Una vita dopo l’ictus è possibile) per incoraggiare le persone colpite e i loro familiari a non arrendersi, ad affrontare anche la delicata fase del post ictus senza demoralizzarsi e utilizzando tutti gli strumenti a disposizione.

Tra le conseguenze maggiormente disabilitanti, che hanno un impatto devastante sulle attività della vita quotidiana, sull’autonomia, sulle relazioni e, in una parola, sulla qualità della vita delle persone colpite, dei loro familiari e dei caregiver c’è sicuramente l’afasia, un disturbo del linguaggio causato da lesioni in particolari aree della corteccia cerebrale dell’emisfero dominante (prevalentemente il sinistro), sede appunto della funzione del linguaggio. Alcune persone afasiche hanno difficoltà quando devono esprimersi verbalmente mentre può essere intatta la capacità di comprendere il linguaggio; altri, invece, manifestano difficoltà quando si tratta di comprendere quello che gli viene detto. La gravità, ovviamente, è estremamente variabile e dipende dalla sede e dalla dimensione del danno cerebrale.

Per la persona con afasia può essere difficile riuscire a seguire discorsi veloci, trovare le parole adatte da dire o comprendere frasi molto lunghe e complesse. Chi si trova a vivere con una persona afasica deve, innanzitutto, capire che convivere con un disturbo così grave può determinare cambiamenti di umore anche importanti e repentini e, quindi, sarebbe opportuno avere un atteggiamento rassicurante e positivo. La difficoltà di linguaggio non va interpretata come “rifiuto di parlare”: la persona afasica comunica come e quando può, riuscendo un attimo prima a dire una parola, ma subito dopo potrebbe manifestare difficoltà nel comunicare efficacemente il proprio pensiero.

In occasione della Giornata Mondiale contro l’Ictus Cerebrale, A.L.I.Ce. Italia intende fornire alcuni consigli per aiutare i caregiver e i familiari ad affrontare alcuni dei principali problemi quotidiani di comunicazione.

· Non parlare alla persona afasica come se ci si stesse rivolgendo ad un bambino

· Non parlare a voce più alta del normale

· Non parlare velocemente

· Utilizzare frasi brevi

· Concedere tutto il tempo necessario per la risposta

· Rispettare i tentativi senza cercare di anticipare o indovinare le parole

· Non pretendere che ogni parola sia corretta

· Avere un atteggiamento attento e disponibile per incoraggiare la comunicazione

· Essere sicuri che la persona afasica abbia capito il messaggio che gli si vuole trasmettere

· Fare domande dirette, come ad esempio “vuoi uscire?” in modo che si possa rispondere solo con un sì o no o con un cenno della testa

· Parlare uno alla volta

Fondamentale, anche in questo caso, l’approccio riabilitativo che, oggi, è centrato non solo sul paziente ma anche sulla comunità circostante, prima di tutto la famiglia, che deve avvicinarsi a queste nuove modalità di comunicazione. La durata del trattamento è variabile, sicuramente il lavoro più intenso, che porta i risultati maggiori, è quello che viene svolto nell’arco dei primi 12 mesi. Dopo questo primo periodo, il lavoro si concentra principalmente su quella che può essere definita “riabilitazione sociale”, meno legata dunque all’ospedale, con un percorso di adattamento costante.

Oltre a logopedia, fisioterapia e terapia occupazionale c’è un altro strumento riabilitativo che sta emergendo come molto utile: la musicoterapia, che contribuisce ad attivare canali diversi da quelli verbali generalmente utilizzati.

L’ictus cerebrale è una malattia grave e disabilitante, che ogni anno nel mondo colpisce circa 15 milioni di persone e rappresenta la terza causa di morte, la prima di invalidità e la seconda di demenza; nel nostro Paese sono circa 150.000 i soggetti colpiti e quelli che sono sopravvissuti, con esiti più o meno invalidanti, sono oggi circa 1 milione.

Fondamentale per la prevenzione è la adeguata consapevolezza da parte dei cittadini dei fattori di rischio che da soli o, ancora di più, in combinazione tra di loro aumentano la possibilità di incorrere in un ictus: ipertensione arteriosa, obesità, diabete, fumo, sedentarietà ed alcune anomalie cardiache e vascolari. Le nuove terapie della fase acuta (trombolisi e trombectomia meccanica) possono evitare del tutto o migliorare spesso in modo sorprendente questi esiti, ma la loro applicazione rimane a tutt’oggi molto limitata per una serie di motivi. I principali sono rappresentati dalla scarsa consapevolezza dei sintomi da parte della popolazione, dal conseguente ritardo con cui chiama il 112 e quindi arriva negli ospedali idonei, dalla perdita di tempo intra-ospedaliera e, infine, dalla mancanza di reti ospedaliere appropriatamente organizzate.