Sfatato il mito del gesticolare come forma di maleducazione (tipicamente latina): chi usa abitualmente le mani e il corpo per sottolineare i propri ragionamenti in realtà pensa meglio, si concentra di più e articola meglio i propri discorsi. È quanto sostiene uno studio congiunto delle Università di Pittsburgh e Chicago e del CNR italiano. La gestualità marcata, da sempre associata a soggetti scarsamente comunicativi, che appunto con la fisicità cercano di compensare la poca ars oratoria, alla luce dei nuovi sondaggi si rivela invece un indicatore di abilità cognitiva. Lo studio italo-americano è partito dai banchi di scuola: analizzando il comportamento in classe di bambini di entrambe le nazionalità è stato riscontrato che gli alunni che gesticolano sono facilitati nell’apprendimento e nello sviluppo linguistico. La psicologa Susan Wagner Cook ha pubblicato sulla rivista Science una ricerca effettuata su due gruppi di scolari delle elementari, alle prese con esercizi di matematica di elevata difficoltà. I bambini del primo gruppo sono stati lasciati liberi di gesticolare durante lo svolgimento del compito; agli altri è stato imposto il blocco delle mani. Alla fine del test, gli studenti del primo gruppo sono risultati più capaci e brillanti. Che il linguaggio non verbale rappresenti un buon 55% della comunicazione e sia pertanto una componente fondamentale delle dinamiche relazionali è ormai assodato. L’antropologo Demond Morris, autore de La scimmia nuda, sostiene che le mani stanno agli esseri umani come la bacchetta ad un direttore d’orchestra. Quindi, se si vuole dare incisività ai propri pensieri, molto meglio accordare al corpo piena libertà di movimento. Una verità, quella dell’appeal della gestualità, sfruttata ad arte dagli uomini politici: chi più chi meno, chi con teatralità (come Sarkozy e Berlusconi) chi con pacatezza (vedi Obama e Angela Merkel), i leader del mondo costruiscono in buona parte sulla fisicità il loro personaggio pubblico.