“Non sempre la nascita è sicura e non sempre è uguale per tutte le donne e per tutti i bambini. Ci sono le tante Italia del nascere. Una realtà che puo’ diventare un dramma quando l’evento nascita si trasforma in emergenza: ottanta parti su cento non hanno problemi ma dieci possono essere ad altissmo rischio, per la mamma o per il bambino”. Queste le parole con cui Massimo Moscarini, presidente dell’Associazione Ginecologi Universitari Italiani (AGUI), ha denunciato il divario qualitativo esistente tra le strutture sanitarie italiane.Il rischio, hanno spiegato gli esperti, è legato soprattutto al livello organizzativo della struttura ospedaliera e all’esperienza derivata dal numero di interventi annui praticato: “C’é una grande differenza fra il partorire in una struttura dove si effettuano 200-300 parti l’anno ed una dove il numero di parti è oltre 1500. Cambiano – ha sottolineato Moscarini – la formazione degli operatori e il livello delle attrezzatrure”.Esistono, quindi, realtà molto diverse, con forti differenze tra il Nord e il Sud del Paese:se nelle Regioni del Nord Italia l’84% dei parti si svolge in punti nascita di grandi dimensioni, e quindi molto sicuri ed attrezzati, al Sud circa 1 parto su 3 si svolge invece in strutture con meno di 500 parti l’anno (mentre i ginecologi, fissano come limite di sicurezza per ottenere una garanzia ottimale la pratica di almeno 1000 parti l’anno). Da qui la denuncia dei ginecologi:”Nel Piano sanitario si pone l’enfasi su tre priorità che sono malattie tumorali, cardiache e tutela materno-infantile. Quest’ultima è però rimasta sulla carta ed i finanziamenti nel casetto”. Ma il problema risulta ancora più complesso: “Non solo – sottolinea il presidente FIOG Giovan Battista Serra – manca un’omogeneità di organizzazione tra le strutture sul territorio nazionale, ma manca anche un’adeguata informazione alle gestanti. Forse – conclude – il modo migliore per reperire informazioni sull’efficienza delle strutture è leggere i tanti blog in rete delle pazienti-gestanti”.