Sartaj Singh, ispettore Sikh della polizia di Bombay, è un uomo sulle cui spalle pesano un matrimonio fallito, una carriera perennemente all’ombra di un padre ingombrante e irraggiungibile, e una solitudine che ogni giorno si fa più opprimente. Un giorno, una telefonata anonima lo porta a riuscire a incastrare un pericoloso, feroce boss della malavita organizzata, Ganesh Gaitonde, uno che ha più o meno le sue stesse povere origini, ma che si è trovato a fare scelte diverse. Dimenticatevi il lussureggiante ViKram Chandra: per Mondadori, un nuovo bellissimo, quanto riflessivo, “Giochi sacri”, 2007, pp. 1183, euro 22,00.
Gaitonde, il temutissimo, imprendibile gangster, si trova infatti asserragliato in una casa-bunker alla periferia della città, e ha in serbo mille storie da raccontare. Storie di conquista e di sconfitta, di uomini e donne presi dal rapace meccanismo del vivere e del morire in nome di cause giuste, sbagliate, o, senza nessuna ragione, danno vita a un racconto a capitoli alternati. Un romanzo fiume, un gran ritratto di oltre mille pagine, costruito per accumulo e con storie affluenti quella principale: il pedinamento di pericolosi criminali e lo smascheramento di trame delittuose che coinvolgono i livelli più diversi della società indiana servono così da pretesto a Chandra per raccontare una storia che unisce i ritmi serrati dell’ hard boiled e le pause silenziose della poesia, il sentimentalismo alla Bollywood e il magistero dell’alta letteratura.
Amore, potere, guerra, luoghi eterni della vita e del narrare, la vera protagonista di questo incantevole romanzo è la città di Bombay, l’odierna Mumbai, crogiuolo di una contemporaneità globalizzata che però reca in sé, tenaci e antichissime, le proprie radici d’oriente. Il risultato è un affresco potente e grandioso di una delle metropoli più complesse e avvincenti della contemporaneità: un libro che ritrae splendidamente i disordine del mondo, uno scrittore dotato del raro, prodigioso potere della letteratura.