Scampati a un disastro aereo, 48 superstiti si ritrovano su un’isola apparentemente deserta, sulla quale sono costretti a collaborare per la sopravvivenza, utilizzando le sole cose che si sono salvate. Lost, la serie televisiva scritta da J.J. Abrams e Damon Lindelof, giunta alla quinta stagione (sul canale satellitare pay Fox), su RaiDue dalla seconda metà di luglio, è la  metafora della nostra condizione esistenziale. L’Isola è il punto di partenza (o di arrivo ) del libro di Simone Regazzoni che dopo Harry Potter e la filosofia propone una macchina di scrittura filosofica che interagisce con il sistema complesso, e ancora in espansione, chiamato Lost. Come afferma il suo autore il saggio è una sorta di spin-off filosofico, o meglio fanta-filosofico, riprendendo spunti presenti in Lost e sviluppandoli. Il tutto a partire dall’idea di Deleuze secondo cui si dovrebbe scrivere un libro di filosofia come fosse un libro di fantascienza. E la verità? Lost mette in crisi proprio il concetto di verità come qualcosa di definito.  Per questo Regazzoni ci propone attraverso il suo saggio di leggere l’idea di verità  in Lost facendo appello a Martin Heidegger che concepiva la verità come radura del non-nascondimento, come lo svelarsi di un mondo che tuttavia cela in sé il mistero e l’enigma. Non un saggio su Lost, dunque, ma un invito ai lettori di partecipare a questo gioco filosofico per esplorare l’Isola e… perdersi (forse).   Simone Regazzoni La filosofia di LostEdizioni Ponte alle Grazie