Di solito ci troviamo immersi nella realtà delle cose e degli altri, travolti dal fiume impetuoso della vita e trascinati dalla sua corrente, dal pulsare intenso della felicità e del dolore. A volte invece questo legame sembra incrinarsi, e quello che ci tiene legati al mondo è un filo sottile che sembra spezzarsi. Quel flusso che ci riempiva e inebriava si affievolisce, ridotto a segnale intermittente e lontano. Restiamo soli, in noi, con le nostre sensazioni, le nostre memorie, i nostri desideri. Le nostre angosce. E appena l’eco del corpo. E, ancora, la nostra identità pare dissolversi in un pulviscolo indistinto, fatto di ombre e di suoni lontani, di nuovo perso in chissà cosa, forse un’altra gradazione della realtà.

Sono queste le «lacune» di cui la scrittura di Jole Zanetti rende conto, seguendo le tracce del viaggio della vita e registrandole con un’esattezza insieme scrupolosa e impressionistica: luoghi, emozioni, incontri, ansie, ebbrezze, colti nella loro fuggevole intensità. Forse inafferrabili, incomunicabili, ma qui restituiti come in una sismografia dell’anima.