Voce profonda, che se uno la cerca dentro lo stomaco difficilmente riesce a trovarla, ad andare così giù oltre le proprie corde e dentro il pensiero di un sotterraneo, enorme sgabuzzino vocale. Quanti di voi avranno pensato ascoltando ‘This is What You Are’ di trovarsi di fronte a qualche cantante nero della musica soul e del rhythm & blues, proveniente dalla grande tradizione americana? E invece no, proprio no: è catanese Mario Biondi. Alto, un look che ti si stampa in mente con quei capelli azzerati e gli occhiali dalla montatura nera che incornicia il viso all’altezza della barba curata in maniera tale da sembrare messa lì da sempre.  Difficile immaginarselo da bambino, probabilmente così diverso da com’è adesso. A 12 anni, però, la musica gli faceva già compagnia, fra i banchi e i pilastri delle chiese. Aver avuto un padre cantastorie e una nonna cantante avrà sicuramente influito sulle sue scelte, ed anche il bisnonno pittore deve aver lasciato in lui qualcosa dell’immenso mondo dell’arte, qualcosa che è poi esploso in ‘Handful Of Soul’, l’album che lo ha consacrato al grande pubblico. Ma il ragazzone siculo di strada ne ha fatta: in valigia si porta 2 edizioni del ‘Festival della canzone siciliana’, 2 esperienze come figurante lirico presso il teatro massimo ‘Vincenzo Bellini’ di Catania e (vera gavetta professionale) un’esperienza enormemente significativa al popolare locale ‘Tout và’ di Taormina. È qui che il suo nome comincia a scolpirsi fra quelli più noti della musica italiana e non: fa da spalla a Califano, a Peppino Di Capri, a Fred Bongusto, a Fiorello, e gli capita la straordinaria occasione di cantare al fianco del grandissimo Ray Charles.  Arriva RAI 1: con ‘Grand Prix’ si propone ai televisori di tutto il mondo. Comincia a lavorare sodo fra le sale d’incisione offrendo la voce a diversi artisti (con lui Aida Cooper, Fruta Boa, Alejandra Gusman, i bolognesi ‘Change’, e dà la voce addirittura a un minitour nei club di New York con Capiozzo e Mecco). La strada comincia ad appiattirsi. Ecco i festival, dove le caratteristiche della sua voce cominciano a farsi strada fra l’ammirazione della gente mista allo stupore la pelle che “non è nera”. Giungono così le prime pubblicazioni con diverse etichette fra le quali la prestigiosa ‘Warner Bros’: sono singoli house quelli che pubblica, pezzi che lo vedono collaborare con i DJ’s performances nelle più grandi discoteche italiane.  ‘Handful Of Soul’ diviene realtà dopo breve tempo: le scelte stilistiche si restringo a ciò che ama, ossia il rhythm & blues e il soul, scelte derivanti dagli ascolti degli ‘Earth Wind & Fire’, di Luther Vandross, Lou Rawls, Aretha Franklin, Will Downing. In questa direzione scrive (con Alessandro Magnanimi) le bellissime ‘No Mercy For Me’ e ‘This Is What You Are’: quest’ultima invade le radio, così eccola nelle auto, nelle discoteche, in cucina, al supermarket, nei Caffè, in tv… Ed ecco la più ampia platea italiana: non sarà un luogo di musica globalmente apprezzabile, ma il ‘Festival di Sanremo’ è di certo il più grande contenitore di occhi e orecchie che l’Italia offra. Al fianco di Amalia Grè, che partecipa alla kermesse con ‘Amami per sempre’, regala una fra le più belle esibizioni delle 5 serate musicali. Lei così minuta, e dalla voce così lieve, tale da accarezzare le note come con un velluto, lui così invadente, scuro, soul. Già quando i due danno i saluti iniziali la differenza s’impone: 2 estremi i loro timbri, sapientemente intrecciati. L’applauso è stato lungo.