Un raid vandalico ha deturpato l’ultima dimora del “principe della risata”: nella notte, ladri ancora anonimi si sono introdotti nel cimitero napoletano di Santa Maria del Pianto e hanno scardinato lo stemma nobiliare che ornava la cappella De Curtis. C’è una Napoli che dà e una Napoli che prende. Il luogo in cui riposa il più grande mattatore della commedia italiana è da sempre meta di pellegrinaggi e deposito di doni: lettere, fotografie, bomboniere. Ma l’affetto per uno dei personaggi-simbolo della storia partenopea non ha inibito gli scassinatori, attratti dal valore di un oggetto che Totò aveva progettato e realizzato con le sue stesse mani. Immediate le reazioni di amici e familiari alla notizia del furto. La figlia dell’attore, Liliana, raggiunta in Sud Africa, ha commentato: “Mio padre ha amato Napoli più della sua vita, ha lottato per difenderla. E adesso lo hanno tradito in questo modo. Chiuderò la cappella”. Carlo Croccolo, amico e storica spalla di Totò, con il furore dei suoi 82 anni si è augurato che i colpevoli vengano rintracciati e puniti severamente, per quello che ha definito “un gesto ignobile”.Alle proteste dei congiunti si aggiunge lo sdegno “ufficiale”, quello delle autorità competenti. Sabatino Santangelo, assessore alla Pianificazione e Manutenzione delle aree cimiteriali del Comune di Napoli, si è detto amareggiato per il triste episodio ed ha ammesso la difficoltà tecnica di supervisionare i siti funebri: “Non si tratta di un problema di incuria, ma di dimensioni. Abbiamo il cimitero monumentale, quello del Pianto e undici cimiteri di periferia. Non abbiamo la possibilità di tenere una security notturna e il custode che c’è non può controllare ogni singola tomba”. In tempi di crisi, ha aggiunto, le soluzioni criminose al disagio economico si moltiplicano, mentre i mezzi a disposizione per arginarle sono sempre gli stessi. A farne le spese, oltre a Totò, anche il tenore Enrico Caruso, seppellito nello stesso cimitero: i vandali hanno forzato l’ingresso della sua cappella e trafugato alcuni arredi sacri.