Tra il medico convenzionato e l’Asl “non intercorre né un rapporto di immedesimazione organica, né di “ausiliarità”, anzi, il medico va considerato alla stregua di un libero professionista del tutto autonomo, scelto dal paziente in piena libertà. Questa la massima enunciata dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 36502 del 23/09/2008, per cui la Asl,in concreto, non esercita sul medico alcun potere di vigilanza, controllo o direzione.Si tratta di una decisione presa in base alla natura giuridica del rapporto di convenzionamentto che, per sua impostazione giuridica, si caratterizza per la nascita di un rapporto autonomo di prestazione d’opera professionale di natura privatistica.I giudici di merito, Tribunale e Corte di Appello, invece, avevano fondato la condanna inflitta all’Azienda Sanitaria Locale sul fatto che era possibile configurare un rapporto di responsabilità civile in quanto il rapporto che lega il paziente all’istituzione, privata o pubblica che sia, ha natura contrattuale, con l’obbligazione della cura del paziente da parte dell’Istituzione. Ma l’assunto portato avanti dalla Corte di Appello è caduto per la mancanza della condizione di rapporto di lavoro subordinato, cioè di un rapporto che dia concretamente un potere di vigilanza e controllo.La suprema Corte, pertanto, ha censurato ogni tentativo di estensione della responsabilità contrattuale dell’Ente, sia attraverso il ricorso alla teoria del “contatto sociale” (presupposto che si costituisce solo tra paziente e medico convenzionato) o a quella della spedalità atipica, e ha infine stabilito che “ non può affermarsi che il medico convenzionato sia un ausiliario dell’azienda sanitaria, né che a quest’ultima assuma in qualche modo il rischio (connaturato all’ utilizzo di terzi) della libera attività del sanitario”.