Visitare Washington è molto facile poiché tutti i monumenti si trovano lungo l’asse viario principale chiamato “The mall”: ci si ritrova, così, di fronte a costruzioni immense, bianche, con colonne imponenti e architravi che richiamano l’età greco-romana, che si affacciano su strade pulite e ordinate, costantemente sorvegliate da pattuglie di Polizia. Sembrerebbe un paradiso, eppure un paradiso non è, perché se ci si sofferma a guardare meglio nelle stesse strade ci sono barboni e mendicanti che vivono accampati dietro agli angoli o sotto i porticati dei palazzi. Anche sotto quelli ciclopici della pubblica amministrazione. Anche davanti alla Casa Bianca ci si imbatte in persone alla ricerca di qualche dollaro per svoltare la giornata. Un uomo sui trent’anni ci affianca amichevolmente cercando di scherzare con noi, per poi chiederci se abbiamo i soldi per un panino, un altro di mezza età ci mostra addirittura la tessera ufficiale di Veterano di guerra per legittimare la sua richiesta di aiuto. Ci spostiamo davanti al Lincol Memorial: vederlo dal vivo è ancora più emozionante, con la statua del defunto Presidente che sovrasta il parco dal suo trono maestoso. Una monumento incredibile, soprattutto se si pensa a quanta storia è passata dal suo pulpito. Appena scesa la scalinata, costeggiata la lunga piscina chiamata “Reflecting Pool”, troviamo una ragazza bionda che ci mostra un cartello in cui si definisce “homeless”, senza casa. Ammettiamo che risulta difficile avere un parere entusiasta per una città che mostra tanta indifferenza nei confronti dei suoi abitanti. E ciò che ci lascia maggiormente perplessi è che queste scene hanno tutta l’aria di presentarsi come “quotidiane” davanti agli occhi ormai abituati di chi a Washington ci vive davvero. Non è un problema di ordine pubblico, ma uno schiaffo in pieno volto alla società americana che tanto ha a cuore determinati valori di rispetto e fratellanza.L’immagine peggiore che conserviamo è quella che ci si è presentata davanti all’entrata dello Smithsonian Museum, il museo più vasto e fornito di tutta l’America. Tra due chioschi che vendono hot dog, un barbone si china nel secchio della spazzatura per recuperare una bottiglietta semivuota di coca-cola che una turista ha appena gettato. Inevitabile chiedersi come sia possibile che tanta povertà rimanga tollerata, se non addirittura ignorata, in quella che dovrebbe essere la capitale del cambiamento, del “Yes,we can”. La delusione per un Paese che per tutti è ancora sinonimo di speranza prende il posto della risposta che non abbiamo.