Non fu ballerina, ma eccelleva nel “birignao”. Voleva fare il teatro, studiò il violino ma le bastava camminare per incantar tutti. Figlia del palafreniere battistrada di Umberto I, tale fu la sua fama che per lei venne coniato un superlativo assoluto, fino ad allora riservato agli aggettivi, e diventò “la Wandissima”. Memorabile il grande sodalizio con Macario e Dapporto. Religiosa e superstiziosa, non sopportava il colore viola e gli uccelli, neppure di stoffa. Ma perché Anna Maria Menzio all’apice del successo, uscì di scena e scese un’ultima volta la copia della scala del Vittoriale e Notre Dame, per tornare a vivere una vita normale con il suo vero nome?
A vent’anni dalla morte di Wanda Osiris, arriva in libreria l’unico libro dedicato a questo strano caso d’artista, che non eccelleva in campi specifici se non in quel modo studiatissimo di arrotare e ampliare le parole in cui solo Tina Lattanzi le stava al passo. La Osiris, il cui cognome d’arte “egizio” nacque dal matrimonio Iside e Osiride, fu un effetto speciale dello spettacolo. “Donna da spolvero” nel 1937, cantava d’amore e fece ridere accanto Totò, Bramieri e Vianello. Si ossigenò i capelli e inaugurò la moda del turbante ma vantò in sala spettatori eccellenti: Mussolini scese da una carrozza, a Riccione, per farle i complimenti, De Pisis le dedicò un ritratto mentre De Chirico le scarabocchiò un profilo su una tovaglia.
“Wanda Osiris”
Prima soubrette e donna (con)turbante
Di Roberta Maresci
Cavinato Editore: pag.121, euro 12