La carenza di vitamina D è molto comune e rappresenta un problema a livello globale. L’esposizione al sole è la principale fonte endogena di questa vitamina, mentre alcuni alimenti che ne contengono delle buone quantità (ad esempio pesce, olio di pesce, tuorlo d’uovo ecc.) sono considerati una fonte esogena che concorre all’apporto globale. Alcuni studi hanno ipotizzato che adeguati livelli plasmatici di vitamina D possano avere degli effetti benefici nei confronti delle infezioni respiratorie, in maniera particolare delle prime vie respiratorie.

A tale proposito si segnala una recente revisione sistematica con metanalisi pubblicata sulla rivista PLOS ONE da un team di ricercatori italiani. La ricerca ha valutato nello specifico le evidenze scientifiche disponibili sul rapporto Covid-19 e vitamina D, in termini di gravità della malattia e mortalità. Il tema è controverso e la ricerca ha mostrato ad oggi risultati conflittivi, tanto che studi osservazionali eseguiti su pazienti ospedalizzati hanno mostrato una riduzione della gravità e anche della mortalità nei soggetti che assumevano colecalciferolo o calcifediolo mentre un altro studio ha descritto la tendenza contraria, vale a dire un aumento della mortalità in quei soggetti.

I risultati della metanalisi
La metanalisi è stata condotta su 38 studi (osservazionali e di intervento) che nel complesso hanno coinvolto più di 200.000 pazienti e ha riscontrato delle associazioni significative tra la supplementazione di vitamina D e la malattia Covid-19, comprendenti rischi di peggioramento della malattia e mortalità, soprattutto nelle stagioni caratterizzate da carenza di vitamina D (25 OHD) e nei pazienti non gravi. Nel complesso si è rilevato che la supplementazione di vitamina D contribuisce a ridurre il rischio sia di sviluppare una malattia grave, in termini di ricovero in terapia intensiva, sia di mortalità. Queste conclusioni, scrivono gli autori dello studio, non sono definitive poiché i dati ad oggi disponibili non sono ancora sufficienti per stabilire un nesso sicuro di causalità. Sono dunque necessari nuovi studi randomizzati controllati, in grado di chiarire in modo conclusivo il ruolo della vitamina D nel complesso quadro clinico sviluppato da Covid-19.

L’associazione tra Covid-19 e vitamina D potrebbe essere correlata alla capacità della vitamina di aumentare i meccanismi di difesa innati contro gli agenti patogeni e alla capacità di inibizione della risposta infiammatoria. L’enzima 2 di conversione dell’angiotensina (ACE2) coinvolto nella genesi dell’infezione, per esempio, è il principale recettore della cellula ospite per SARS-CoV2 e si trova sulle membrane cellulari delle cellule di polmoni, reni, cuore, muscolatura liscia nasale, vascolare e delle cellule endoteliali.

Fonte:
D’Ecclesiis O, Gavioli C, Martinoli C, Raimondi S, Chiocca S, et al. Vitamin D and SARS-CoV2 infection, severity and mortality: A systematic review and meta-analysis. PLoS One. 2022 Jul 6;17(7):e0268396.