Se vi piacciono i film d’autore, quelli che scavano dentro per mettere a nudo problemi, disagi, angosce ma anche sogni e speranze, quelli che quando esci dalla sala cinematografica e giri per le strade, ti fanno sentire protagonista della stessa storia, una storia che pare continuare oltre lo schermo, sui volti della gente che ti passa accanto, nelle piccole realtà quotidiane, allora non potete perdere (i fortunati che avranno la possibilità di accedere alle 10 sale in cui è distribuito), l’ultimo film del regista abruzzese, Carmine Amoroso, distribuito il 21 marzo dall’Istituto Luce. Cover boy è un film bellissimo. Commovente, toccante, pieno di poesia, è raccontato con garbo e tanta semplicità da un regista che è riuscito a denunciare senza urlare, a coinvolgere senza accusare, in una cornice realistica ma nello stesso tempo intessuta di sogni e speranze.
Interpretato magistralmente da Luca Lionello (Michele), attore di casa nostra che recita sul set come sulle tavole del palcoscenico, da Eduard Gabia (Ioan) ballerino e coreografo rumeno, scoperto casualmente dal regista durante uno spettacolo al teatro Ambra Jovinelli, da Chiara Caselli (Laura) nel ruolo dell’emblematica fotografa, il film si avvale della splendida fotografia di Paolo Ferrari e delle musiche di Marco Falagiani per raccontare la storia di un’amicizia tra due ragazzi, uno straniero, l’altro italiano, che casualmente dividono un pezzo di vita che entrambi sognano “normale”. Girato con un nuovissimo formato digitale Hdv, tecnologia, come dice il regista, che “democratizza il cinema per aprire un altro sguardo, per guardare il mondo in un altro modo”, il film è sotto molti aspetti “pioneristico perchè abbassando i costi, è meno classista e cerca di tirarsi fuori dalla dittatura del cinema italiano”.  Scontrandosi con un impianto distributivo “pesante” Cover Boy esce con oltre un anno e mezzo di ritardo, in pochissime copie ma con il merito di essere un piccolo grande film italiano. Perderlo significa perdere un pezzetto d’infinito.