“Ma non era così che mi avevano detto ‘il mare’. No, non era così… E poi, tanto, di notte cosa vuoi mai vedere”. Sono i primi versi di ‘Rock’, secondo brano di ‘Da questa parte del mare’, ultimo significativo lavoro di Gianmaria Testa: un affresco della condizione dei profughi, gente normale strappata a una vita normale da altra gente che normale non è e che ha deciso di fare della propria terra un luogo invivibile: sono persone che scappano, salpano e (se fortunati) approdano su terre promesse e descritte come ‘migliori’. Un concept dedicato quindi a quegli uomini e quelle donne che sacrificano il loro futuro al caso, e il caso, la maggior parte delle volte, si chiama anzitutto ‘mare’.  “Eppure lo sapevamo anche noi l’odore delle stive, l’amaro del partire. Lo sapevamo anche noi. E una lingua da disimparare e una da imparare in fretta, prima della bicicletta…”: sono i versi di ‘Ritals’, versi che da soli potrebbero bastare a far capire a chiunque li ascolti che il mare e la terra non appartengono a nessuno, e appartengono a tutti. Canta con voce bassa Gianmaria Testa, con un tono che a volte sa di speranzoso, altre di disperato, a volte di sogno impossibile, altre di nuova possibilità. E crea atmosfere incantate, come in ‘Una barca scura’, dove descrive il canto di una sirena che sta in fondo al mare, profondo, in fondo al mare dove lui lascia il canto suo “per chi è partito e si è perduto al mondo”.  Fiati, corde, mantici di fisarmonica a volte in sessione crudamente e squisitamente acustica, altre volte misti a distorsioni e suoni magnificamente blues (‘Tela di ragno’ è un ottimo esempio in questo senso). Il cantautore piemontese mostra così a pieno il suo essere figlio del mondo, come altri grandi artisti che lo hanno preceduto (su tutti Fabrizio De André), e questo – con molta probabilità – deriva anche dal fatto che inizialmente la sua terra lo ha costretto ad allontanarsi, a farsi conoscere come artista a Parigi prima che a Roma.  È in Francia, infatti, che questo ferroviere di Cuneo viene consacrato come chanzonnier: ‘Montgolfières’ esce nel 1995 con l’etichetta transalpina ‘Label Bleu’, e anche il secondo lavoro discografico, ‘Extra-Muros’, viene etichettato bleu-blanc-rouge: contengono successi applauditi moltissimo all’‘Olympia’, poco dalle nostre parti. Ci vogliono anni che prima che una platea nostrana tributi i giusti riconoscimenti al cantautore: poi accade, sì, ma oggi ancora non è pieno successo. A Sanremo, ribalta dalla notorietà ‘purtroppo’ planetaria, ci va altra gente, altri grandi ospiti (su Battiato, per carità, nulla da dire): Gianmaria Testa non è menzionato, neanche accennato. Eppure ‘Da questa parte del mare’ potrebbe essere paragonato, per il contesto nel quale è inserito, a ‘La Zattera della medusa’ di Gericault (prese le dovute distanze), con la differenza che il disco, nel narrare un aspetto tragico dell’umanità contemporanea, restituisce un po’ di respiro e di speranza: la bellissima ‘Al mercato di porta palazzo’, ballata per una nuova vita che si fa protagonista tra la gente di Torino e quella del resto del mondo, ne è un perfetto esempio.  «E hanno lasciato quello che non c’era agli occhi liquidi della polizia, e hanno disteso le mani contro il vento che li portava via…». ‘Seminatori di grano’.