Dopo essere stato selezionato per la 63.Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, sbarca nelle sale italiane il 17 novembre: I Figli degli Uomini, suggestivo triller del filmaker messicano candidato all’Oscar, Alfonso Cuarón (Y tu mamá también, Harry Potter and the Prisioner of Azkaban). Il film, incentrato sul tema della speranza, è tratto dal romanzo Children of Men della stimata autrice inglese di “gialli” P.D. James.

La Terra, anno 2027. Da ben 18 anni non nascono più bambini. La maggior parte della gente ha scelto di abbracciare il separatismo, l’illegalità e il nichilismo. In una Inghilterra “tiranno-democratica”, meta di profughi clandestini, Theo (CLIVE OWEN), ex impegnato attivista, ha deciso di reagire al dolore e alla disperazione di un mondo futuro limitandosi a sopravvivere. Unici momenti di gioia le visite ad un suo vecchio amico hippie, Jasper (MICHAEL CAINE) che vive in campagna, lontano da Londra e che non ha smesso di lottare per tenere viva la scintilla della vita. La situazione si ribalta quando Theo, dopo esser stato contattato dalla ex compagna di vita e di lotta Julian (JIULIANNE MOORE), accetta di procurare i documenti di transito ad una giovane profuga di nome Kee (CLARE-HOPE ASHINTEY) che ha bisogno di lasciare il paese senza problemi. Durante la corsa verso la libertà Theo scoprirà che Kee è incinta di 8 mesi, incarnando in sé il miracolo atteso con speranza dal pianeta intero.

Il regista confessa : “Quando faccio un film esprimo un mio punto di vista, perciò il fatto che io sia una persona piena di speranza nella vita, in qualche modo “contamina” questo film. L’umanità ha un talento straordinario per la distruzione, ma allo stesso tempo è capace di solidarietà e di superare insieme i problemi”. Cuarón ha voluto creare una situazione molto radicata nella realtà che si riallacciasse alle promesse e ai problemi dei cittadini di oggi. Problemi come l’immigrazione, l’ambiente e la fertilità sono uno legato all’altro e concorrono alla fine del pianeta. Il regista spiega: “Il mio intento non è certo quello di dare risposte, bensì di sollevare domande, di generare qualche pensiero. Nel complesso è senza dubbio un film che spera in un futuro migliore”. Cuarón ha optato per un montaggio dallo stile più realistico, sul genere del cinéma vérité. Le inquadrature sono sempre dal punto di vista di Theo mentre le riprese sono quasi documentaristiche, realistiche a tal punto che sembra di assistere al viaggio turbolento del protagonista.
Un film che non vi lascerà un attimo di respiro!