Quando è no è no. Keith Jarrett lo si deve prende sul serio per forza. Pianista tanto geniale quanto bizzarro per i suoi modi di fare a tratti maniacali, quando si esprime sa essere dannatamente chiaro: Non parlo italiano, ma se quei fottuti str… che hanno quelle fottute macchine fotografiche non le spengono, me ne vado. Io, Gary Peacock e Jack Dejohnette ci riserviamo il diritto di andarcene. Ogni persona che abbia accanto qualcuno con una macchina fotografica deve strappargliela di mano. Se non succede questo io lascerò questa maledetta città e voi avrete pagato il biglietto per niente. Il privilegio di essere qui è vostro, non mio. Un flash si è accesso d’improvviso e loro se ne sono andati in Costa Azzurra con la stessa tempestività di quella luce. Addio Umbria Jazz. Keith Jarrett non è nuovo agli screzi con Perugia: già nel 2000 smise di suonare perché a suo dire la temperatura sul palco era troppo bassa: il suo live dovette aspettare le stufe. Sette anni dopo, però, l’11 luglio 2007, gli organizzatori della kermesse fiore all’occhiello della città del cioccolato hanno detto basta: i fischi e gli insulti degli oltre quattromila spettatori presenti all’Arena Santa Giuliana (fischi che non hanno ovviamente ottenuto il ritorno del trio sul palco) hanno convinto chi di dovere a tagliare del tutto i rapporti con il musicista che per sette edizioni era stato presente ad Umbria Jazz (dal 1974). Una grande esibizione, con il pubblico fermo lì ad ascoltare senza scomporsi, a farsi trascinare dalle note: Green Dolphin Street, Last Night When We Were Young, One For Majid, Late Lament, I’m Gonna Laugh You sono da applausi lunghi, nonostante quelle parole offensive che il pianista aveva rivolto alla città appena salito sul palco. Poi il patatrac. Dopo il terzo brano del secondo tempo del concerto il trio chiude, e ci si aspetta il bis: un flash brilla dalla platea, e Jarrett sentenzia lapidario: A questo punto il bis non ve lo do. La direzione replica con un comunicato secco: Con Jarrett abbiamo chiuso. Così il pianista è salito sul suo aerotaxi noleggiato a Nizza grazie al sontuoso cachet di cui gode, e se n’è tornato con i compagni in Costa Azzurra, al lussuoso alloggio che lo ospita. Ornette Colemanil giorno dopo ha regalato le sue meravigliose note basse a un pubblico ancora freddo per Jarrett, ed è riuscito a riscaldarlo quel tanto che basta per oscurarne il ricordo. Coleman ha chiesto di non far troppe foto, perché il flash lo mette in imbarazzo: una differenza di stile che in una kermesse così elegante com’è Umbria Jazz si coglie facilmente. Applausi per lui. Adesso Jarrett è atteso in altre città, dovrà confrontarsi con altre platee italiane tra le quali il Teatro alla Scala di Milano: chissà se anche lì entrando sarà così pieno di sé da salutare la metropoli chiamandola maledetta…