Sul palco si accende una luce che illumina una donna; il suono di uno xilofono ne accompagna i movimenti, forti ed eleganti come quelli di un samurai. Poco dopo entra in scena un uomo che cerca la donna. Lei non lo vede, forse finge. Poi si  trovano, si guardano, si riconoscono. E in un baleno la tensione si fa palpabile: La Cerimonia è iniziata. E’ la resa dei conti tra due ex amanti, un confronto fatto di accuse e rimproveri. Un duello di parole e di sguardi, ma anche fisico. L’amore si mischia all’odio nella difficile comprensione di dove il primo abbia lasciato il passo al secondo. Il pubblico viene coinvolto nella lotta di due anime, che un tempo furono complici ma che, progressivamente, sono divenute “solamente” vicine.  Per arrivare, alla fine, ad essere completamente distanti. Come solo le anime di due ex amanti possono diventare. Entrambi prigionieri di una gabbia in cui si sono rinchiusi volontariamente, sono proprio loro gli unici a possederne la chiave. Ma quest’uomo e questa donna sono anche legati da un misterioso patto che viene svelato solo alla fine. Quando, al suono di un solenne gong, La Cerimonia termina e tutti gli spettatori restano senza parole per il sorprendente epilogo.
Splendido il testo di Manfridi, che mischia poesia e prosa. Ogni battuta è un perfetto aforisma  sul rapporto a due: “Gli amanti possono vivere nel peggio desiderando il meglio”. Eccezionale la regista Annnalisa Rossi, che, oltre ad essere una brava attrice (è lei stessa l’interprete del personaggio femminile), porta in scena l’opera di Manfridi in modo magistrale. La Rossi si è trovata di fronte ad un testo “nudo e crudo”. Sua, quindi, la scelta di attribuire ai personaggi il volto di un uomo e di una donna, come e’ anche della regista la scelta di rifarsi al teatro giapponese nell’impatto visivo. Molto belle le coreografie e le luci, mentre l’accompagnamento musicale, curato da Claudio Rosati, e’ assolutamente perfetto: creato ad hoc per La Cerimonia, ne scandisce ogni momento saliente rendendone, se possibile, ancora più pregnante il testo. L’interprete maschile, Stefano Persiani, dà vita ad un personaggio di grande intensità: con voce penetrante recita parole ciniche, a tratti empie, ma nello stesso tempo commuove con uno sguardo che tradisce una drammatica fragilità.
La Cerimonia è una metafora dei grandi amori che sono anche sempre tragici e folli. I due personaggi dell’opera, abilmente interpretati dalla Rossi e da Persiani, sono come due uccelli con un’ala spezzata: sanno che ormai solo insieme possono volare. In scena al teatro Agorà in via della penitenza 33 dal 24 al 28 di novembre.