Numeri alla mano le ripetute flessioni congiunturali vissute durante l’anno appena trascorso hanno portato a un netto calo degli occupati: nel dicembre del 2020 l’Italia contava 444 mila occupati in meno rispetto al dicembre dell’anno prima. Va però sottolineato che nell’ultimo trimestre l’Istat ha rilevato anche un netto calo delle persone in cerca di occupazione, pari al -5,6%, e quindi circa 137 mila unità in meno, con un lieve rialzo, invece, delle persone inattive, con un aumento di 17 mila unità.

Sono tantissime, quindi, le persone tra i 15 e i 64 anni che decidono di smettere di cercare un’occupazione, scoraggiate spesso da un mercato del lavoro in cui le loro candidature rimbalzano senza risposta, o nel quale i colloqui di lavoro si risolvono troppo spesso in un niente di fatto.

È uno scenario già visto: dopo decine, o centinaia, di candidature e qualche colloquio di lavoro con esito negativo, la frustrazione è sempre dietro l’angolo, così come la tentazione di rinunciare. La convinzione in questi casi è quella di non avere le competenze giuste, o di non avere il profilo giusto per interessare le aziende. Ma attenzione: spesso non è una questione di competenze, di titoli di studio o di esigenze da parte delle aziende.

In molti casi a ostacolare la persona alla ricerca di un lavoro è la sua stessa presentazione.

Carola Adami, co-fondatrice della Adami & Associati (www.adamiassociati.com), società specializzata nella selezione del personale, segnala che delle capacità scarse in fatto di presentazione possono ridurre drasticamente le probabilità di trovare un nuovo lavoro, anche nel caso di professionisti esperti e competenti.

“Pensiamo per esempio a un curriculum vitae scritto in modo distratto o non particolarmente curato» spiega l’esperta in selezione del personale “quel documento potrebbe contenere il ritratto di un professionista capace e di grande valore per un potenziale datore di lavoro, con tutte le hard skills richieste dall’azienda, ma difficilmente verrà selezionato per un colloquio: potendo scegliere, infatti, nessuno vuole assumere una risorsa che si è dimostrata distratta, sciatta o manchevole in un’attività fondamentale come la stesura del proprio curriculum vitae”.

L’abito fa il monaco, dunque?

“No, assolutamente no. Ma bisogna sempre pensare che i recruiter si trovano a dover analizzare ogni giorno decine e centinaia di cv: è naturale che a una prima scrematura vengano automaticamente eliminati i curricula che già a una prima occhiata denotano uno scarso impegno, e di fatto una ridotta motivazione”.