Una passione sfrenata è il motivo della crisi che ha travolto l’Occidente (e di lì il resto del mondo) tra il 2008 e il 2009: quella per l’accumulo di denaro e la speculazione selvaggia. Ed è questo insano amore che Michael Moore, la pecora nera del cinema americano, racconterà nel suo prossimo film, Capitalism: A Love Story. “E’ una perfetta storia d’amore” ha detto ironicamente il regista: “parla di passione, amore e 14.000 posti di lavoro tagliati ogni giorno. E’ un amore proibito, che non si osa chiamare per nome, ma diciamolo: è amore per il capitalismo”. Capitalism: A Love Story uscirà negli States il 2 ottobre prossimo. Una data non casuale, che coincide tanto con il ventennale dell’uscita di Roger & Me, film d’esordio di Moore, quanto con l’anniversario dello stanziamento record di 700 miliardi di dollari con cui il governo americano ha tappato le falle di Wall Street. Con questa nuova denuncia delle nefandezze made in USA, Moore torna alle origini, all’economia malata che aveva già messo alla gogna in Roger & Me: in quel caso ad essere bacchettata era la General Motors, azienda leader del mercato automobilistico. Investimenti azzardati e operazioni illecite avevano costretto GM a chiudere vari stabilimenti, tra cui quello di Flint, nel Michigan, cittadina natale del regista, seminando panico e povertà. Il Roger del titolo era l’amministratore delegato di GM, Roger B. Smith, interlocutore – bersaglio delle invettive di Moore. “Ma questa volta il colpevole è molto più grande della General Motors e la scena del crimine molto più estesa di Flint, Michigan” ha commentato il regista. Dopo Bowling a Columbine, Premio Oscar 2003 per il miglior documentario, Farenheit 9/11, denuncia-shock dei retroscena dell’attentato alle Twin Towers e Sicko, viaggio nelle bassezze del sistema sanitario americano, una nuova bomba critica si appresta a scuotere le coscienze e gli umori politici del dorato Occidente.