Non sarà necessaria l’amniocentesi. Basterà un campione di sangue prenatale della madre per accertare se il nascituro sia affetto o meno dalla Sindrome di Down, già nelle prime settimanre di gravidanza.A mettere a punto il nuovo metodo non invasivo, la Stanford University della California, dove i ricercatori hanno portato a termine una serie di esperimenti per accertare la presenza di quei cromosomi in più nell’impianto genetico del bambino.Si tratta di prelevare un semplice campione di sangue materno, che contiene il 10% del Dna del feto, per diagnosticare l’eventuale eccesso del cromosoma 21 e stabilire se il feto è affetto dalla sindrome. Il metodo non comporta alcun rischio per il bambino, anzi, può rivelare anche la presenza di altre patologie, come la sindrome di Edward e la sindrome di Patau, entrambe responsabili della morte prematura dei nascituri.  Stephen Quake, responsabile dei ricercatori di Stantford, ha precisato che il nuovo metodo è già stato sperimentato con successo su 18 donne, e che ha dato risultati positivi nella totalità dei casi.