Jingwu Fengyun – Chen Zhen (Legend of the fist – Il ritorno di Chen Zhen).
regia: Andrew Law Tralasciando l’estremo nazionalismo cinese, si tratta di uno dei migliori film d’azione mai realizzati.
Il personaggio di Chen Zhen è stato interpretato in passato già da Bruce Lee(dalla Cina con furore-1972) e da Jet Li nel 1994.
La sfida più grande per il regista e l’attore protagonista, Donnie Yen, al settantesimo anniversario dalla morte di Bruce Lee, è stata  riadattare un personaggio cult della cultura cinematografica cinese con un risultato sbalorditivo.La pellicola presenta un insieme di atmosfere noir nella Shangai degli anni 20′, periodo in cui il Giappone tentava di destabilizzare la Cina per invaderla e “annetterla al proprio impero”.Un uomo si oppone a tutto questo: Chen Zhen, membro di una compagnia reazionaria antigiapponese, cerca dapprima l’appoggio delle triadi e della polizia e poi decide di fare tutto da solo e scacciare gli invasori grazie alla sua straordinaria capacità combattiva che varca il sovraumano.Questo capolavoro non è classificabile semplicemente come film di arti marziali, ma come film supereroistico in tutto e per tutto, poiché ricco di effetti speciali, coreografie tridimensionali, fotografia dai colori accesi e contrastanti,musica elettronica che si fonde con pezzi epici/classici della cultura cinese e soprattutto un budget da capogiro.La sensazione che si prova dall’inizio è quella di guardare più film insieme, ognuno dei quali ha un intreccio, un luogo, personaggi e quindi un’atmosfera a sè: la Germania nazista, la Shangai caotica e scura, il “Casablanca”(locale della mafia cinese), il Dojo (palestra giapponese). Alla fine si mescola in un susseguirsi di svolte narrative che portano ad una cosa sola: il duello decisivo.  Happy Few (Contenti alcuni)
regia: Antony Cordier  L’angoscia è un’emozione, negativa, ma film  la provoca e quindi merita un plauso per questo.Non è lo stesso per gli horror? Sceneggiatura scritta a quattro mani dal regista A.Cordier e da Julie Peyr, Happy Few è un indagine abbastanza approfondita sulle possibilità e le conseguenze dell’amore plurimo, o meglio del ” si possono amare due persone contemporaneamente? E se sì, si può essere ricambiati da entrambi?”.
Chiunque abbia avuto esperienze sentimentali negative potrà “godere” di molte situazioni, quasi stereotipate, alle quali solitamente le coppie sono soggette, per non parlare di chi è portato alla gelosia; questa pellicola potrebbe essergli fatale.  Ironia, dunque, per questa pellicola dalle chiare radici culturali alle quali gli autori hanno attinto, ovvero “l’amore libero” che caratterizzava il periodo degli anni 70. Come prendere sul serio una coppia di coniugi sulla trentina con figli a carico che la prima sera in cui si incontrano, iniziano a frequentarsi e scambiarsi i propri partner dei quali arriveranno ad innamorarsi a vicenda senza considerare l’inevitabile epilogo? Numerosi gli ambienti del film che richiamano il concetto di scambio, come il campo da “squash”, l’areoporto e il letto che in questo caso trascende totalmente dal suo normale utilizzo e si trasforma quasi unicamente in una sorta di videogioco a gettoni ospitante quel sesso liberatorio che porterà i protagonisti del film a capire che, forse, oltre quello non c’è molto altro. Un film sullo scambio e sui sentimenti o sui sentimenti che consistono in uno scambio? Norwei No Mori (Norwegian Wood)
Regia: Tran Anh Hung Tratto dall’omonimo romanzo di Haruki Murakami del 1987, edito in Italia da Feltrinelli con il titolo “Tokyo Blues”,il regista ha commentato così il suo film:”Improvvisamente e inaspettatamente, ci accorgiamo di non aver vissuto abbastanza, di non aver amato abbastanza, di non aver sofferto abbastanza per amore.Troppo tardi. Abbiamo vissuto solo una piccola parte delle passioni che avevamo da giovani quando eravamo pieni di certezze e proclami con le lacrime agli occhi.Se ne sono andate anche le grandi Paure che proviamo riguardo l’amore.Allora siamo presi da una malinconia struggente, una malinconia dell’esistenza tale che persino un rinnovato sentimento d’amore non farebbe che aumentarne l’intensità. Questo è l’elemento preponderante in Norwegian Wook”. In una Tokyo degli anni 60′, divisi inizialmente dal lutto di un carissimo amico, Kizuki, Watanabe e di Naokosi si riuniscono e s’innamorano. La sofferenza per la morte di Kizuki però ha del tutto logorato la mente e lo spirito di Naoko che decide di ricoverarsi in un istituto di igiene mentale in mezzo alle montagne rendendo il rapporto con Watanabe molto travagliato e complesso. In sostanza Watanabe inizia a costruirsi una vita, mentre Naoko rimane attaccata al passato che continua a logorarla fino alla fine. Norwei No Mori è un film lento e molto difficile, determinato da una regia precisa sempre pronta a meravigliare l’occhio dello spettatore con inquadrature e colori che fanno sentire il profumo della giovinezza e della sofferenza collegata alla coscienza del crescere e dover quindi abbandonare quel limbo fantastico.
Emblematica una frase di Naoko: « Finora ho sempre pensato che avrei voluto oscillare in eterno fra i diciassette e i diciott’anni, ma adesso non lo penso più. Ho vent’anni ormai. E devo pagare il prezzo per continuare a vivere». »