Darren Aronofski, già vincitore a Venezia con the Wrestler, quest’anno presenta un thriller psicologico dalle sfumature melò dal titolo:” The black swan”(Il cigno nero). Il titolo si riferisce all’opera “il lago dei cigni”di Ciaikovski e più precisamente alla copia oscura della regina dei cigni creata da “Rothbart” per ingannare il principe(Sigfrido) e far si che il suo giuramento di amore eterno per “Odette”(la regina dei cigni n.d.r) sia infranto. La particolarità della figura del cigno nero(il clone di “Odette”,che viene chiamata Odile) è che dev’essere interpretata dalla stessa ballerina che interpreta la protagonista ed è un ruolo particolarmente ostico dato che l’impostazione e la tecnica di balletto sono completamente diversi rispetto ad “Odette” , poiché il cigno nero balla per sedurre e non c’è dolcezza nei suoi movimenti bruschi e angolosi. Il film racconta dunque di Nina(Natalie Portman),una bravissima ma problematica ballerina che viene scelta per interpretare,appunto, la parte della regina dei cigni.Il dramma si dipana in due ambienti principali: la casa di Nina, e la sala prove, mostrandoci e motivando tutti gli stati d’animo della protagonista, creando empatia con lo spettatore. Un severo Vincent Cassel interpreta l’insegnante di balletto il quale cerca, anche con metodi poco ortodossi, di perfezionare i movimenti della protagonista per la parte del cigno nero, ed è a questo punto che entra in gioco Lilly(Mila Kunis), una ballerina gelosa della bravura di Nina che influirà, in un modo o nell’altro, nel creare un’atroce climax di allucinazioni e realtà che farà ruotare l’angolazione degli specchi in modo da riflettere tutta l’angoscia che si nasconde in una persona morbosamente circuita dalla madre e votata alla perfezione . “The Happy Poet”. Commedia ironica e molto divertente, rappresenta una piacevolissima sorpresa, per il primo giorno della mostra del cinema di Venezia. Film texano dal bassissimo budget, scritto, diretto ed interpretato dello stesso regista : Paul Gordon, alla sua opera prima.  Tratta di un ragazzo disoccupato appassionato di poesia, che, data la precaria situazione economica in cui versa, decide di investire i pochi soldi che riesce ad attingere dalla banca per comprare un carretto per “hot dog”. Invece di wurstell e salse, però, il protagonista decide di allestire il suo chiosco portatile (che prende il nome di Happy poet) con prodotti biologici, panini vegani,”insalate all’uovo senza uovo”, il che  si dimostra totalmente distruttivo per il progredire degli affari, ma riempie la vita di Paul di amore e soddisfazione e che a poco a poco, lo portano fuori dalla sua insicurezza e con un pizzico di fortuna, verso un epilogo felice. L’intero film si regge sulle parole più che sulle immagini, ricordando un giovane Linklater, ma anche sul divertente ed originale umorismo del protagonista accentuato dal fatto che, durante la storia,  né ride né sorride praticamente mai. Con questo film, l’autore, demolisce a picconate lo stereotipo del “self made man” americano, dimostrando quanto sia difficile emergere in una società basata unicamente sul denaro, priva di principi morali che vadano oltre il semplice “non uccidere e non rubare”.