“Per me gli oggetti d’arte tra i quali vivo sono una sorta di appendice ambientale, di arredamento, del mio mestiere di conoscitore, talvolta, di storico dell’arte. Sono una sorta di diario personale, ogni scultura, ogni dipinto, mi riporta a un momento preciso, a un capitolo della mia esistenza in Italia e fuori”. Così scriveva Federico Zeri della sua amata collezione di opere d’arte messa insieme in oltre cinquant’anni di viaggi e incontri. Un insieme di cui la scultura era parte essenziale e fondante, quella a lui più cara. E quella che lui legherà all’Accademia Carrara di Bergamo. Per un semplice ma essenziale motivo: oltre a essere la maggiore collezione civica italiana, il museo bergamasco è il museo dei collezionisti e dei grandi conoscitori d’arte. Lasciare le proprie sculture alla Carrara voleva dire metterle accanto ai dipinti meticolosamente scelti da Giacomo Carrara e Guglielmo Lochis ma, soprattutto, da padri della connoisseurship come Giovanni Morelli o Gustavo Frizzoni. Questa semplice indicazione fa comprendere come la mostra proposta al Chiostro del Bramante sia un evento assolutamente eccezionale. Oltre a essere presenti alcuni tra i capolavori dei massimi artisti veneti, si potrà seguire l’intero sviluppo della pittura veneziana dal Quattrocento alla fine della Serenissima Repubblica trovandosi di fronte a un vero e proprio manuale di storia dell’arte. Così l’esordio sarà con il Lionello d’Este di Pisanello, la tavola che inaugura la ritrattistica rinascimentale e icona assoluta a livello mondiale, restituita a nuova leggibilità dal restauro dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, per ammirare poi tavole rare come la Madonna con il Bambino di Jacopo Bellini e le sublimi poesie del figlio Giovanni, i fondi oro dei Vivarini e della scuola padovana di Squarcione accanto alla nascita del paesaggio e dell’atmosfera con la stagione giorgionesca delle prime opere di Tiziano e Palma il Vecchio. E poi il Cinquecento trionfante di Paolo Veronese e Tintoretto, il Seicento di Maffei, Padovanino, Vecchia, Carpioni e il trionfo settecentesco con Tiepolo e Diziani e il vedutismo con il binomio Canaletto e Guardi, chiudendosi la mostra sulle maschere di Pietro Longhi. Un’esposizione irripetibile, nella densità di capolavori e artisti, per raccontare ciò che sta alla base della pittura e dell’arte figurativa: il colore.