Fino al 26 marzo Palazzo Bonaparte a Roma, ospita la grande mostra dell’anno dedicata al genio di Vincent Van Gogh.

In mostra tra le sue opere più celebri il famosissimo Autoritratto (1887). A fondo azzurro con tocchi verdi, è realizzato con pennellate spesse, ora orizzontali ora verticali. L’immagine dell’artista si staglia di tre quarti, lo sguardo penetrante rivolto allo spettatore mostra un’insolita fierezza, non sempre evidente nelle complesse corde dell’arte di Van Gogh. Interessante è la capacità di penetrare, attraverso l’immagine, un’idea di sé tumultuosa, di una sgomentante complessità.

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AUTORITRATTO

Si snoda così nelle Sale di Palazzo Bonaparte, il racconto della storia dell’artista più conosciuto al mondo.

Nato in Olanda il 30 marzo 1853, Vincent van Gogh fu un artista dalla sensibilità estrema e dalla vita tormentata. Celeberrimi sono i suoi attacchi di follia, i lunghi ricoveri nell’ospedale psichiatrico di Saint Paul in Provenza, l’episodio dell’orecchio mozzato, così come l’epilogo della sua vita, che termina il 29 luglio 1890, a soli trentasette anni, con un suicidio: un colpo di pistola al petto nei campi di Auvers.

Nonostante una vita impregnata di tragedia, Van Gogh dipinge una serie sconvolgente di Capolavori, accompagnandoli da scritti sublimi (le famose “Lettere” al fratello Theo van Gogh), inventando uno stile unico che lo ha reso il pittore più celebre della storia dell’arte.

La mostra di Roma, attraverso ben 50 opere provenienti dal prestigioso Museo Kröller-Müller di Otterlo- che custodisce uno dei più grandi patrimoni delle opere di Van Gogh – e tante testimonianze biografiche, ne ricostruisce la vicenda umana e artistica, per celebrarne la grandezza universale.

Un percorso espositivo dal filo conduttore cronologico e che fa riferimento ai periodi e ai luoghi dove il pittore visse: da quello olandese, al soggiorno parigino, a quello ad Arles, fino a St. Remy e Auvers-Sur- Oise, dove mise fine alla sua tormentata vita.

Dall’appassionato rapporto con gli scuri paesaggi della giovinezza allo studio sacrale del lavoro della terra scaturiscono figure che agiscono in una severa quotidianità come il seminatore, i raccoglitori di patate, i tessitori, i boscaioli, le donne intente a mansioni domestiche o affaticate a trasportare sacchi di carbone o a scavare il terreno; atteggiamenti di goffa dolcezza, espressività dei volti, la fatica intesa come ineluttabile destino.

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TRONCHI D’ALBERO NELL’ERBA

LA MOSTRA

A introdurre il visitatore nel viaggio emozionale e intimo tra i capolavori dell’artista, dipinti significativi di altri pittori testimoniano la ricchezza di una collezione costruita con amore da Helene Kröller-Müller che ha dedicato gran parte della sua vita alla realizzazione del Museo.

La Kröller-Müller, infatti, tra il 1907 e il 1938 mise insieme una raccolta senza eguali in Europa,che comprendeva dipinti di Picasso, Gris, Mondrian, Signac, Seurat, Redon, Cranach, Gauguin, Renoir, Latour e, naturalmente, Van Gogh

In questa sezione di apertura sono esposti alcuni capolavori della collezione, tra cui Portrait of a young woman (The Madrilenian) di Picasso, In the café di August Renoir e Atiti di Paul Gauguin

Seconda sezione –Il periodo olandese

L’attività artistica di Van Gogh si svolge nel breve scorrere di anni dal 1881 al 1890. Dominata inizialmente da un disegno animato da tratti di colore, presto si arricchisce nell’uso dell’olio adoperato in toni scuri capaci di creare un clima sorprendentemente ricco al di là di ogni significato letterale. Dominante è l’amore per la terra e per l’attività di esseri umani impegnati in un duro lavoro sempre illuminato da un atteggiamento spirituale e da una religiosità, che rende sacra l’umiltà di una fatica quotidiana.

Terza sezione Parigi

Alla fine di febbraio 1886 Van Gogh decide di trasferirsi a Parigi avvertendo la necessità di confrontarsi con un mondo di cui gli giungono, seppur indirettamente, significative notizie. Si trova di fronte all’ottava ed ultima mostra impressionista dominata dalle giovani figure di Seurat, Signac e Gauguin.

Conquistato, il pittore individua una moltitudine di possibilità espressive, dato rilevabile anche nelle belle nature morte dominate da ricchi accostamenti cromatici, specie se l’artista dipinge fiori che dispiegano un raro sfarzo.

Quarta sezione –Arles (febbraio 1888 – maggio 1889)

In una lettera del 18 agosto 1888 scrive al fratello Theo: “Quanto ho appreso a Parigi svanisce, e io sto tornando alle idee che mi erano venute in campagna, prima di conoscere gli Impressionisti. […] Infatti, invece di cercare di riprodurre fedelmente ciò che ho davanti agli occhi, mi servo del colore in maniera più arbitraria, per esprimermi con maggiore forza”.

I colori, nella luce accecante del sud, assumono un’altra dimensione. La lezione di Parigi non è più determinante. Vincent riprende a sognare sinfonie di colori associabili a toni musicali. Ogni spazialità disegnata è eliminata, le forme si collocano in un morbido assemblarsi e fluire senza rigore, con grande dolcezza. Lo spazio è creato dal colore. Si avverte il senso di una nuova libertà. Lo studio del colore è sempre associato a una sua interiorizzazione, a una trasformazione del dato tecnico in altri significati.

Quinta sezione –Saint-Rémy-de-Provence e Auvers-sur-Oise (maggio 1889 – luglio 1890)

A Saint-Rémy l’artista vuole ritornare ad un uso del colore più semplice, paragona l’astenersi dal bere alla rinuncia alla generosità cromatica, mirando ad una maggiore lucidità. Il suo primo attacco di follia nel manicomio di Saint-Paul-de-Mausole lo colpisce a metà di luglio, mentre dipinge nei campi in una giornata di vento.

Dopo il primo mese nel quale non gli è concesso di uscire dai confini dell’ospedale, finalmente si avventura oltre le mura, torna nei campi. Nei giorni sereni, quando le tempeste della mente si placano, è persino perfettamente in grado di formulare un’autoanalisi. È circondato dalle sue opere, eseguite proprio prima degli attacchi o durante il periodo in cui si ristabilisce.

Negli ultimi tre mesi trascorsi a Auvers-sur-Oise si dedica a un gran numero di opere: ritrae persone vicine ma anche modelli occasionali, dipinge paesaggi e nature morte. Quanto al ritratto, afferma di volerlo esplorare in chiave moderna.

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IL BURRONE

VAN GOGH.
Capolavori dal Kröller-Müller Museum

Palazzo Bonaparte
Piazza Venezia, 5 (angolo Via del Corso)
00186 – Roma

8 ottobre 2022 – 26 marzo 2023