Per la prima a Roma, il complesso del Vittoriano ospita, dal 6 ottobre al 3 febbraio 2008, un’importante esposizione monografica di portata internazionale: «Paul Gauguin. Artista di mito e sogno». Oli, disegni, sculture e ceramiche, complessivamente 150 opere, per scoprire il percorso umano e artistico di Paul Gauguin, nel suo viaggio onirico nella mitica Età dell’Oro e nei suoi richiami alla cultura e alla tradizione.  Approdano al Vittoriano capolavori provenienti da importanti musei pubblici e prestigiose collezioni private di tutto il mondo, tra cui spiccano il Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, la National Gallery of Art di Washington e la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, che ci aiutano a ripercorrere l’intero cammino della vita e dell’opera di un artista alla  costante ricerca del luogo perfetto.Una vita in moto quella di Gauguin, fin dal’inizio. Nato a Parigi nel 1848, già l’anno successivo la sua famiglia si trasferisce in Perù dal nonno materno, don Mario Tristan y Moscoso. La casa di don Tristan, dove l’artista vive fino all’ età di sette anni, circondato da lusso e da tenerezze, sarà il primo paradiso perduto, rimpianto da Gauguin.  Tornato in patria, studia ad Orléans e poi a Parigi, in collegio. Nel 1865, a diciassette anni, s’imbarca come marinaio semplice su un mercantile per il Sudamerica. Viaggia per mare nei successivi due anni e partecipa alla guerra franco-prussiana del 1870. Alla fine del conflitto, nel 1871, s’impiega come agente di cambio e comincia anche a dipingere. Nel 1873, Gauguin sposa una giovane danese, Mette Sophie Gad, dalla quale avrà cinque figli. Nel 1874,  Gauguin visita la prima mostra impressionista, dove incontra Pissarro. Nel 1880, sul punto di diventare un artista a tempo pieno, espone le proprie opere con gli impressionisti. Nel 1882 una forte recessione economica conduce Gauguin ad abbandonare la professione e a trasferirsi in Danimarca. Con il crescere delle responsabilità e della routine, i suoi sogni di un’Età dell’Oro virgiliana diventano ancora più fervidi e, nel giugno 1885, Gauguin torna a Parigi con il figlio Clovis, lasciando la moglie in Danimarca. A Parigi il suo pensiero è costantemente rivolto a sogni di evasione ed ai modelli di Pissarro e Cézanne. Alla ricerca di un luogo in cui vivere con poco, ma anche della compagnia di artisti come lui, nell’ estate del 1886, Gauguin si reca a Pont Aven, in Bretagna. In mostra, sono presenti esempi di questo periodo messi a confronto con le opere degli Artisti che gravitavano intorno al villaggio bretone. In alcune opere risalenti a tale breve periodo, i colori turbolenti sono preludio della fecondità di una terra magica.  Durante il breve ma turbolento soggiorno con Van Gogh ad Arles alla fine del 1888 Gauguin prosegue con la sperimentazione dei contorni, l’astrazione ed una scelta cromatica apparentemente arbitraria. I colori sono divisi in ordinati blocchi rettangolari – bianco, marrone, verde, ocra, arancio – e ciascuno è separato dagli altri da linee scure, simili a fili.
All’inizio del 1889, Gauguin fa ritorno in Bretagna. La sua situazione finanziaria precaria, tuttavia, non migliora e Gauguin parte per Tahiti nel maggio 1891 per realizzare ciò che definisce uno studio dei tropici … in cui la vita materiale possa essere vissuta senza denaro … ed in cui vivere significa cantare ed amare”. Lì si sarebbe stabilito in una capanna, diceva, in uno stato di “primitività e selvatichezza.  Dopo un inizio positivo, le speranze dell’ Artista di vedersi commissionare importanti e remunerativi ritratti si infrangono anche a causa del carattere anticonformista ed egli si ritira dalla capitale a Mataiea, una cittadina ad una trentina di chilometri a sud, dove resta quasi due anni, a volte in compagnia della sua amante Teha’amana, dedicandosi alla rappresentazione di volti e corpi per lo più di indigene sconosciute. Il suo obiettivo è quello di rinunciare al proprio status di colonizzatore e diventare un indigeno, encanaqué. Che cosa porta Gauguin verso i lontani mari del sud? Le sue motivazioni sono indubbiamente molteplici e complesse. Vuole essere un agitatore, un ribelle, uno straniero ed un rinnegato, ma anche ricostituire attraverso l’arte quelle immagini fantastiche di un’Età dell’Oro, che dominano la sua mente fin dai suoi primi viaggi intorno al mondo, quando era entrato nella marina mercantile. I dipinti che raffigurano donne costituiscono il centro dell’ opera tahitiana di Gauguin.  Nell’ estate del 1893, Gauguin fa ritorno in Francia nella speranza di trarre vantaggio dalla sua nuova ed esotica reputazione. Una mostra delle sue opere tahitiane presso il gallerista Paul Durand-Ruet riceve recensioni decisamente contrastanti e vende poco. Non potendosi permettere la traversata di ritorno in Francia e nell’incertezza che le proprie opere avrebbero mai trovato un mercato, nel 1901 salpa per Atuona nelle isole Marchesi. Qui, Gauguin costruisce e decora una nuova casa in stile locale chiamandola “Casa del piacere”. La casa ed il terreno circostante sono di per sé un’ opera d’arte, con stipiti ed architravi intagliati, decorazioni scolpite in giro per la proprietà e un giardino dove pianta girasoli importati dalla Francia. Ma la visione fantastica del Pacifico diventa sempre più simile ad un incubo. In pochi seguono il feretro di Gauguin al suo funerale e la solennità dell’ occasione è guastata da una lite sul fatto che l’artista reprobo desiderasse o meno essere sepolto in terra consacrata. Di fatto, l’unica terra adatta sarebbe stata quella dell’ Arcadia.
 
Il viaggio del fondatore del “sintetismo”, arte del tutto nuova che rifugge dal mondo della quotidianità per trovare il proprio spazio nelle dimensione delle iee , nell’immaginazione, nel mito e nel sogno, finisce qui. Per essere ricostruito a Roma nelle sale del Vittoriano, a due passi dalla Colonna Traiana, dal Foro, e da altri antichi siti archeologici, per scoprire le radici romane dell’opera di Gauguin.